giovedì 23 febbraio 2012

Percezioni

“Mamma…” quasi il mugugno di un cucciolo agitatosi nel sonno.
Margareth si girò di scatto.
“Piccolo mio da quanto tempo sei lì?” disse mentre gli si avvicinava con le braccia tese.
“C… cosa ha deciso papà? Posso rimanere qui?” la tensione stringeva lo stomaco e la gola al bimbo; le parole uscivano a scatti.
La madre si chinò su di lui e se lo strinse forte al petto.
Come spiegare ad un bambino che sarebbe cresciuto senza l’affetto della sua famiglia, strappato alla sua innocenza per essere gettato in un luogo di desolazione? Come convincerlo ad avere fede, ad essere forte, ad avere speranza quando nemmeno lei che era sua madre poteva credervi? La cupa verità era che se il bimbo fosse stato davvero allontanato, lei non lo avrebbe più rivisto e forse sarebbe stato meglio… gli uomini plasmati a Munrose erano creature aride, prosciugate della loro energia ed in un certo senso della loro umanità.
“Tuo padre vuole che tu diventi un uomo coraggioso e impavido... ” la voce di Margareth tremolò.
Ma che cosa sto raccontando? Non posso prendermi gioco di mio figlio in questo modo! Lui non sopravvivrà là dentro e di questo sono convinta, è un posto per dannati…e tutto per colpa mia!
Mia! Mia!

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