lunedì 27 febbraio 2012

Una notte da oscar

Quando Rina ha proposto di bivaccare insieme guardando la notte degli oscar, abbiamo risposto sì in coro ed un gruppo di tacchini ubriachi avrebbe fatto meno rumore.
E' stato commuovente vedere ognuna di noi liberarsi dai propri impegni per la serata con metodologie, tattiche e spiegazioni molto diverse.
Rina, la lancia-idea, ha spento il cellullare, punto.
Ginoria avrebbe dovuto presenziare ad una cena in casa di parenti e, per non andarvi, ha inventato di dover accompagnare all'aeroporto un'amica di sua madre, anziana e senza patente.
Rosa invece ha tentato di scaricare proprio sua madre alla quale avrebbe dovuto fare la messinpiega, dicendole di essere obbligata a mettere a posto i miei di capelli poiché non avrei mai potuto trovare lavoro con un nucleo di rabarbari in testa, salvo poi essere scoperta e doversi portare la genitrice con sè.
Nella aveva lezione con l'insegnante di tedesco e l'ha annullato con: "Stasera mi sento più predisposta  per il russo".
Io avevo il seguente impegno: trovarmi un impegno, per cui... tutte da Joe Padella al bar dove avremmo potuto seguire l'evento in tv. Oltre alla signora Mirka, comunque si sono aggiunti un amico di Ginoria, Zebro (si chiama in realtà Giorgio ma è fiero di portare i capelli a strisce colorate, che non c'entrano niente né con l'animale né con una fede calcistica, però simpatizza con le zebre e le strisce... gialle e beige) e Mario l'attuale fidanzato di Rina (avendo trovato il cellullare spento ha immaginato ne stesse tramando una e ha telefonato ad ognuna di noi da cui ha ricevuto indizi involontari che messi insieme lo hanno spinto ad aspettarci su una delle poltroncine di Joe Padella. Sto cominciando a pensare sia proprio l'uomo adatto a Rina).
Insomma, il nostro variegato gruppo ha invaso il bar-pub e si è preparato per la gran serata. Dopo una certa ora Joe ha chiuso la porta e se ne è andato a dormire facendoci promettere di essere ancora là per la colazione per avere una fedele cronaca dell'evento in modo da farsi ganzo con i clienti e per farci consumare almeno qualche cappuccino e brioche.
In conclusione: Meryl Streep ci è piaciuta, solo lei avrebbe potuto portare un vestito dorato senza sembrare una caramella. Ha vinto l'oscar come miglior attrice protagonista per The Iron Lady ed anche se nessuno di noi l'ha visto abbiamo concordato che l'avrà sicuramente meritato perché è bella, brava, elegante ed ironica.
Poi, abbiamo deciso che nessuno vorrebbe prendere un ceffone da Cameron Diaz (tranne Zebro pronto al sacrificio) i cui bicipiti sono sembrati troppo Braccio di Ferro, mentre noi donne ci siamo chieste più volte perché mai la dieta di Jennifer Lopez fa a lei quel corpo là ed a noi questo qua (Mario ha cercato di lusingare Rina sostenendo di preferirla alla bella Lopez però si è intortato perchè nemmeno lui ci credeva e si è beccato una manata in fronte dalla fidanzata). Il film vincitore The Artist, interpretando il quale anche Jean Dujardin si è cuccato il premio come miglior attore, non è stato ancora visto da alcuno di noi, quindi  abbiamo dato fiducia ai membri dell'Academy che, se hanno deciso di premiare un attore francese anziché uno di casa loro, vuol dire che se l'è proprio meritato. La signora Mirka ha detto che se avessero inquadrato ancora Bra Pit ed Anelina Golì avrebbe lanciato il suo glemmon (gin-lemon) contro lo schermo.
Alla vittoria degli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo per la scenografia di Hugo Cabret abbiamo improvvisato un medley composto da: Inno Nazionale - Sono un italiano (Toto Cutugno) - We are the Champions e Quel mazzolin di fiori (la signora Mirka l'aveva comunque cantata tutto il tempo sopra le altre).
Victoria Spencer ha strameritato la statuetta per la parte interpretata in The Help, e qui posso confermare la bravura, avendolo visto.
Insomma, la notte è trascorsa, i commenti scemati, la colazione consumata. Joe ha aperto il bar, la signora Mirka è andata a comprare il pane, le disoccupate sono volate a casa a dormire ed i lavoratori si sono diretti al luogo di lavoro, stanchi sì ma psicologicamenti riposati più che dopo una dormita di otto ore.

Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, orgoglio italiano degli Oscar 2012   da http://www.tg1.rai.it/

domenica 26 febbraio 2012

Ricette Caloriche della Nonna

Prendete uova, farina, zucchero, lievito un panetto di burro. Mescolate tutto insieme (il burro a bagnomaria).
Mettete in forno. Quando la torta è cotta, lasciarla raffreddare.
Cospargerla di marmellata (gusto a piacere) e poi guarnirla con fette d'ananas caramellato.
(Sospendete la dieta... ).

venerdì 24 febbraio 2012

Godurie

Durante il summit del té con le amiche sono state fatte rivelazioni importanti...
Tutto ha avuto inizio quando ho notato Rina mettere tre cucchiai (grossi) di zucchero nella sua tazza e poi senza mescolare vederla sgolare il contenuto, ancora bollente per la verità, tutto in una sol bevuta.
Dopodiché la mia amica ha cominciato a mangiare lo zucchero ancora sul fondo, si può dire a badilate.
La spiegazione seguita ha dato avvio ad una discussione piuttosto seria sul diritto dell'uomo, non tanto di concedersi quanto di godersi in maniera del tutto personale, in alcuni casi brevettandoli, piccoli grandi piaceri.
Rosa ha confessato, fin qui nessuna originalità, di mangiare prima tutta la crosta della pizza per potersi poi letteralmente tuffare sulla parte più sostanziosa di pasta, pomodoro, formaggi ed altro.
Nella preferisce guardare la tv sul divano scomodo (alla stregua del materasso chiodato dello zio Fester) così quando se ne va a letto le sembra di sprofondare in una nuvola e, soprattutto, si addormenta in 1,5 secondi. (Ha detto di non fare in tempo a pronunciare la parola: meticoloso, prima di cadere in letargo e Rosa, insonne da sempre, le ha quasi lanciato la teiera).
Ginoria compra un kraphen alla crema e lo espone sul tavolo mentre fa le pulizie considerandolo il premio per la conclusione dell'impresa; pare che poi se lo gusti in estasi avvolta dal profumo di candeggina.
Io penso sia geniale associare un odore sgradevole a qualcosa di paradisiaco; me la immagino Ginoria al supermercato che, mentre afferra la candeggina, sorride trasognata vedendo sfilare davati agli occhi un trenino di kraphen.
Poi ci sono stati altri suggerimenti, tipo: ascoltare pazientemente tutto un cd di canzoni prima di arrivare a quella agognata che poi ti metti a cantare a squarciagola o a ballare, se non sei in macchina; massacrarsi con l'aerobica per poi premiarsi con un bagno saturo di sali profumati, candele e musica rilassante; lasciare accumulare la polvere per avere la sadica soddisfazione di vederla catturata dall'apposito panno di lana; diluire il succo di frutta con l'acqua per poi berne un bicchiere concentrato.
In questo modo, la vita offre più appagamento, niente da dire.

giovedì 23 febbraio 2012

Percezioni

“Mamma…” quasi il mugugno di un cucciolo agitatosi nel sonno.
Margareth si girò di scatto.
“Piccolo mio da quanto tempo sei lì?” disse mentre gli si avvicinava con le braccia tese.
“C… cosa ha deciso papà? Posso rimanere qui?” la tensione stringeva lo stomaco e la gola al bimbo; le parole uscivano a scatti.
La madre si chinò su di lui e se lo strinse forte al petto.
Come spiegare ad un bambino che sarebbe cresciuto senza l’affetto della sua famiglia, strappato alla sua innocenza per essere gettato in un luogo di desolazione? Come convincerlo ad avere fede, ad essere forte, ad avere speranza quando nemmeno lei che era sua madre poteva credervi? La cupa verità era che se il bimbo fosse stato davvero allontanato, lei non lo avrebbe più rivisto e forse sarebbe stato meglio… gli uomini plasmati a Munrose erano creature aride, prosciugate della loro energia ed in un certo senso della loro umanità.
“Tuo padre vuole che tu diventi un uomo coraggioso e impavido... ” la voce di Margareth tremolò.
Ma che cosa sto raccontando? Non posso prendermi gioco di mio figlio in questo modo! Lui non sopravvivrà là dentro e di questo sono convinta, è un posto per dannati…e tutto per colpa mia!
Mia! Mia!

venerdì 17 febbraio 2012

Percezioni

Finalmente con uno scossone del capo riprese coscienza della realtà, sollevando un lato del lungo vestito di mussolina beige si avvicinò nervosamente alla finestra; due carri si contendevano il passaggio nella stretta strada, uno dei conducenti era sceso a spronare il cavallo, con un frustino in una mano e le briglie nell’altra non faceva altro che strattonare la povera bestia sputandogli addosso tabacco e bestemmie. Quel fremere rabbioso delle narici dell’uomo nel faccione allungato e deformato dalle smorfie creava un alone di primitivo intorno a tutta la persona, al punto da far dubitare su chi fosse la vera bestia.
Margareth si meravigliò a pensare che quella poteva essere la traduzione esteriore di ciò che suo marito incarnava dentro di sé: un’energia furiosa gestita dalla cattiveria.
Nel frattempo l’altro cocchiere si era alzato in piedi e brandendo uno scopino di paglia, che doveva far parte del suo carico, intimava all’altro di spostarsi se non voleva diventare lo zerbino del suo cavallo.
La scena tragicomica ebbe il potere di distogliere per un attimo Margareth dai suoi crucci tanto che non si accorse subito della presenza di una personcina di cinque anni ferma sulla soglia della stanza con la manina ancora appoggiata sulla maniglia. Due grandi occhi nocciola la fissavano interrogativi, aspettavano una risposta che bramavano conoscere…ma tanta era la curiosità quanta la paura di sapere.

mercoledì 15 febbraio 2012

Invito all'evento!

Le Associazioni Carpe Diem e I Picasass

Sono lieti di invitarVi all'inaugurazione dell'Esposizione di Strumenti del Mestiere del Picasass



che si terrà sabato 18 febbraio dalle ore 16.00 presso l'Ufficio Turistico Carpe Diem di Nebbiuno

- Piazza Caduti di Nassirya 10 -

Completerà l'evento la mostra di quadri ed oggetti di Antonella Preti

e la presentazione del libro  Toried di Elisa Fornara

L'evento è patrocinato dalla provincia di Verbania.

I Picasass erano (perché purtoppo non ve ne sono più molti... ) gli scalpellini, gli artisti della pietra, coloro che animavano la rozza materia con la propria abilità (vedi foto sopra) trasformandola in opera d'arte.
Questo mestiere è nato nell'Alto Vergante, in un paesino piccolo piccolo, Silvera ed è interessante sapere che vi sono stati in passato collegamenti tra questo ed altri paesi del nord Italia nei quali operavano proprio gli scalpellini.
Sabato, a Nebbiuno, sarà presente un rappresentante della categoria, credo l'unico attualmente, al quale verrà assegnato un  riconoscimento.
Allora... vi aspetto per una bella chiacchierata!


"Intanto la frana aveva imboccato proprio quella galleria e sembrava guadagnare terreno. Corinna uscì dalla cavità e corse verso gli amici rimasti indietro. Dino la seguì senza pensare.
“Così non ce la faremo!!!” gridò Hum. La frana acquistò nuova velocità, li avrebbe inghiottiti tutti entro pochi secondi. Emilio reagì spingendo Arturo ed Ahnonio in avanti, anche se il nano in realtà avrebbe potuto correre al triplo della loro velocità, ma così facendo perse terreno.
“Emiliooo!!” gridò Dino. Corinna lanciò un urlo, Arturo fece una mezza giravolta per tornare indietro dall’amico ma ormai il cumulo lo aveva raggiunto… La terra abbaiò, Emilio cadde in ginocchio coprendosi la testa con le braccia. Il boato di un impatto soffocò le grida di Arturo, Corinna e Dino, poi il silenzio s’impadronì della galleria. Emilio si scoprì il viso lentamente. Davanti a lui si ergeva una solida parete di terra che chiudeva il tunnel su quel lato. Per alcuni secondi si udirono rumori soffocati, poi la barriera cominciò a sbriciolarsi gradualmente rivelando una creatura di terra dalle forme femminili. Nel viso bruno le nere fessure degli occhi spiccavano larghe ed allungate, un po’ a mandorla; sopra la testa, un turbante di terra si alzava ondulato come il tetto di una pagoda. Teneva le mani poggiate sui fianchi. Senza parlare, si voltò a fronteggiare il cumulo disfatto ai suoi piedi. Abbassò e rialzò le braccia in un morbido gesto, quasi un uccello che stesse dispiegando le ali, poi le allungò di fronte a sé, le dita delle mani intrecciate.

“INDIETRO RIBELLI!!!”. La voce irata riecheggiò nella galleria alle sue spalle, i ragazzi si coprirono le orecchie. La terra iniziò a muoversi, lentamente il muro che pochi istanti prima era stato sul punto di seppellire i ragazzini ora retrocedeva. La creatura frustò la terra ribelle con le lunghe braccia; alcuni Telluri si materializzarono per poi sgretolarsi e rifinire nella massa. L’operazione proseguì finché il cumulo fu respinto fuori dalla galleria per tornare al punto del crollo.
“Sono Retra. Spirito ed Essenza della terra” si presentò la creatura volgendosi ai ragazzini. “Vi chiedo perdono per ciò che è accaduto” disse umile inginocchiandosi ed accostando il viso al suolo, il pesante turbante toccò il pavimento. Emilio commosso, osservò la regale creatura prostrata a terra davanti a sé. Scosse la testa incredulo, gli occhi umidi".

Da Toried...






lunedì 13 febbraio 2012

Saggezza autentica

Ho recentemente riletto un libro meraviglioso. Una favola che mette in pace con il mondo.
Ci si impiega meno di un'ora a leggerlo ma il suo contenuto ti rimane dentro per molto tempo, dire per sempre è impossibile poichè siamo troppo umanamente superficiali per ricordare semplici storie nel girotondo del nostro quotidiano. Io, in effetti, l'avevo dimenticato e se non mi fosse capitato in mano mentre cercavo un altro libro, non avrei sentito il desiderio di rileggerlo. Scanzonata fragile umanità
E': "L'uomo che piantava gli alberi", di Jean Giono. Un librettino di neanche cinquanta pagine; così tanto spiegato in così poco.
1913, un giovane di vent'anni intraprende una lunga camminata in Provenza; il paesaggio che scivola via al suo passaggio è fatto di lande desolate e villaggi scheletrici abbandonati. Il vento soffia brutale sulle erbacce legnose e sulla lavanda selvatica, l'unica forma di vegetazione spontanea. Il giovane resta senz'acqua ma in quel deserto non si trovano né ruscelli, né pozzi. Quando ormai crede di non trovarla più, individua una sagoma nella pianura, un pastore, con una trentina di pecore al seguito, che gli offre la propria borraccia e lo ospita nella propria casa, semplice e pulita.
Qui, il ragazzo osserva il lavoro meticoloso dell'uomo, pacato e taciturno, nello scegliere delle ghiande. Sono quelle che il pastore ogni giorno, per più di trent'anni, attraverso due guerre che non sfioreranno nemmeno il suo pacifico ritmo di vita, pianterà nel territorio tutt'intorno. Cura costantemente la crescita delle querce e successivamente dei faggi, senza che nessuno gli abbia detto di farlo o come farlo. Lo fa perché la sua umile saggezza gli suggerisce che prima o poi di quegli alberi ci sarà bisogno.
Negli anni le guardie forestali restano sbalordite per quella crescita naturale. Il ragazzo tornando anno dopo anno vede quelle lande morte, resuscitare, ripopolarsi, vivere.
"Non l'ho mai visto cedere né dubitare. Eppure, Dio solo sa di averlo messo alla prova! Non ho fatto il conto delle sue delusioni. E' facile immaginarsi tuttavia che, per una simile riuscita, sia stato necessario vincere le avversità; che, per assicurare la vittoria di tanta passione, sia stato necessario lottare contro lo sconforto".

Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi, Salani Editore.

mercoledì 8 febbraio 2012

Tattiche vincenti

Continuano le avventure semiserie di un gruppo di amiche semiserie... comunque i problemi lavorativi sono reali... il resto è fittizio per dimenticare i problemi lavorativi  reali...
Rosa ha trovato lavoro. Buona notizia per lei, sì perché io e le mie amiche non siamo messe bene. Ho già parlato dell'esperienza di Rina che è ancora imbestialita con il mondo ed io sono più o meno nella sua stessa condizione.
Ma, messo da parte il nostro paturnioso ronzio neuronale, dicevo che almeno Rosa è riuscita a farci ridere, non tanto per l'aver trovato un posto di lavoro, quanto per come lo abbia trovato.
Il barista di fiducia di sua madre (non si pensi male, la donna va a fare la colazione al bar tutte le mattine), le ha indicato con un cenno della testa una signora. "Chiedi a lei" le ha detto: "E' la... come si chiama... la responsabile, come si dice oggi, delle sorgenti umane, sì insomma quella che fa i colloqui, lì alla ditta dei mangimi. Magari cercano". In quel momento è entrato un gruppo di persone e la madre di Rosa, la signora Mirka, ha finito velocemente il suo cappuccino e si è girata verso la tipa che, nascosta dai nuovi arrivati, sfuggiva alla vista finché la sua giacca bordeaux non è spiccata fuori dalla porta. La signora Mirka, ha sgomitato per uscire e l'ha inseguita fino ad una panetteria nella quale la donna è entrata. Non avendo tempo da perdere, la pedinatrice si è fiondata nel negozio a ruota.
"Buongiorno, visto che lei è la padrona delle fonti umane non è che avrebbe bisogno di un aiuto? Mia figlia è disponibile, guardi non vede l'ora di lavorare!". L'interessata ha sbattuto le palpebre varie volte prima di interagire. "La padrona? No, io sono venuta a prendere il pane" ha borbottato. Quando la signora Mirka ha capito di aver sbagliato persona è tornata al bar dove la vera responsabile dei mangimi non c'era più.
Mogia mogia stava per avviarsi a casa quando la panettiera l'ha richiamata indietro.
"Nell'ufficio qui sopra c'è una che va in maternità, provi a mandarla sua figlia, le dica di portare il foglio delle informazioni" (da tutti poi interpretato come il curriculum).
In effetti Rosa ci è andata ma il suo foglio delle informazioni non ha suscitato grande impressione non avendo avuto esperienze in quell'ambito di lavoro. Sentendosi trattata anche con un po' di sufficienza, la mia amica ha alzato i tacchi e fatto per andarsene ma il tipo arcigno del colloquio l'ha fermata con un: "Ah, nel tempo libero si dedica al teatro... musical per lo più. Ho visto Flashdance la scorsa settimana qui al Palazzetto dello sport".
"Ero io Alex, la protagonista" ha sbottato Rosa. Il tipo, con un sorrisetto denigratorio, non è sembrato convinto. Allora la mia amica livida ha lanciato in aria un paio di volte la gamba (fortuna indossava i pantaloni) ed il tipo cementificato nella propria sorpresa ha impiegato il tempo della sua (di lei) andata all'ascensore per riprendersi e proporle di cominciare in prova il giorno dopo.
Rosa, mentre usciva, ha inclinato la testa di lato verso una divertita impiegata  bofonchiando con la bocca di traverso: "Chissà se gli avessi mostrato una tetta... ".

lunedì 6 febbraio 2012

Percezioni

Decise finalmente di muoversi verso un punto della stanza più illuminato degli altri; alta nella parete una piccola finestra rettangolare permetteva alla grigia luce di affacciarsi.
Proprio sotto di essa giaceva una poltrona con i braccioli in ferro battuto.
L’intrusa si piegò per poterla osservare meglio: era rivestita di un tessuto azzurro ricamato, in alcuni punti si vedevano ancora dei motivi ornamentali dorati ma in altri la stoffa era ormai logora. Allungò una mano e accarezzò l’alto schienale. Doveva essere stato un pezzo d’arredamento molto pregiato, si sorprese a pensare, poi vinta da un repentino senso di stanchezza, sentì le proprie ginocchia piegarsi e senza sapere come si ritrovò seduta.

"Non ho nessuna intenzione di discutere su questo argomento! La mia decisione è presa!" detto ciò l’uomo si alzò in piedi ed allontanandosi dalla massiccia scrivania di noce, uscì dalla stanza senza più voltarsi.
Se il burbero signore avesse potuto vedere in quell’istante il volto della persona che si era lasciato alle spalle forse avrebbe accettato di discutere ancora con lei della questione, avrebbe perlomeno ascoltato le sue ragioni… o forse, si sarebbe alterato maggiormente.
La donna che stringeva il fazzoletto di pizzo nella mano, ritta al centro dello studio, non aveva dubbi. Suo marito non conosceva la parola pietà, né tantomeno comprensione o rispetto, nella sua testa essi erano tradotti con debolezza e non c’era essere umano più insofferente alle dimostrazioni di debolezza, dell’uomo che aveva sposato.
Gli occhi arrossati, le guance percorse dalle lacrime, fissava la parete bianca davanti a sé mentre corti respiri le provocavano un leggero tremolio delle spalle.
Le voci e i rumori ovattati dell’esterno oltrepassavano le pareti e riempivano l’ambiente avanzando insistentemente; risolini, nitriti, stridii, fischi si concentravano intorno ai suoi pensieri, forzavano la serratura della sua mente.
 

giovedì 2 febbraio 2012

Incensi, colori e mobili

Devo ammetterlo, Ginoria ha fatto un ottimo lavoro. Sono andata a trovarla ieri ed entrando in casa mi sono sentita subito a mio agio. Se la cucina del suo vecchio zio trasudava antichità per la credenza di legno, il divano dai poderosi braccioli, la stufa di ghisa, ora la giustapposizione di cuscini, coperte, tovaglie color pastello, accessori e stoviglie apparentemente in ordine sparso ma (così dice Ginoria) in realtà disposte ad arte per coordinare il colpo d'occhio superficiale con la sensazione interna di calorosa accoglienza casalinga (nutro ancora dei dubbi comunque sul mestolo appoggiato al termosifone ed il tagliere sullo sgabello a ruote) hanno ridato vita all'ambiente.
Ho suggerito alla mia amica di accendere i bastoncini d'incenso profumato di cui le avevo fatto dono all'inizio dei lavori per coprire lo sgradevole odore di vernice ed in effetti è stato il tocco in più che ci voleva. Con la tazza fumante del té davanti, il profumo di gelsomino, l'atmosfera molto casa-della-fatina-buona, c'è mancato poco che mi cascasse la testa nella biscottiera per il sonno. Ho consigliato a Rosa, affetta da insonnia cronica, di trascorrere del tempo da Ginoria, senza dirlo a quest'ultima o la mia testa sarebbe caduta, nel senso di Anna Bolena.
Comunque a prendere il té c'era anche il vicino nerboruto che aveva aiutato nella verniaciatura. In una mossa ha aspirato té e biscotti e lavato la tazza. Io, nello stesso arco di tempo, ho appoggiato il piattino sul tavolo.
Se non altro lo spostamento d'aria mi ha svegliata un poco così sono riuscita a portarmi nell'altra stanza a vedere il nuovo acquisto di Ginoria, una cassettiera color salmone. Beh, magari io avrei scelto un'altra tinta però, niente da dire, ha cambiato la fisionomia della vecchia camera da letto... insieme con la libreria adibita momentaneamente a scarpiera.
Sì, mi sta bene, non avevo creduto nella sua verve arredo-creativa e sono stata punita con l'umiliazione; dopo tre ore in cui non avevo fatto nemmeno finta di volermene andare, Ginoria si è inventata persino un appuntamento dal dietologo (l'unica dieta che conosce è quella delle patatine fritte senza ketchup).
Me ne sono andata via di cattivo umore (io!) per ritornamene nella mia di casa che di fatato ha solo l'armadio con agguato, ogni volta che apro un'anta mi casca addosso l'asse da stiro.

L'aiuto delle donne

Kathryn Stockett ha scritto il libro: "The Help", appunto L'Aiuto ed ha deciso di ambientarlo nell'America degli anni sessanta, nel profondo sud, dove le cameriere di colore erano le vere mamme, cuoche, massaie nelle famiglie dei bianchi.
Mandavano avanti le case dei loro padroni e le proprie, tutto ciò per pochi dollari alla settimana ed in cambio soprattutto di gesti di ringraziamento di prim'ordine come la costruzione di bagni separati per loro affinché, l'igiene prima di tutto, non si sbagliassero ad utilizzare quelli dei bianchi.
Così mentre le signore benestanti giocavano a bridge, chiacchieravano amabilmente di eventi mondani, contavano i pezzi dell'argenteria e numeravano gli strappi della carta igienica per assicurarsi che le cameriere non ne abbondassero, le suddette cameriere, allevavano i loro figli, facevano trovare le camicie stirate ai loro mariti, cucinavano i loro pasti per permettere loro di giocare a bridge, chiacchierare amabilmente, contare i pezzi...
Ad onor del vero va detto che le benefattrici organizzavano (con tutto quel tempo libero...) anche raccolte benefiche per i bambini dell'Africa. Magari se quei soldi li avessero aggiunti allo stipendio delle loro cameriere, queste ne sarebbero state più liete.
Il film, The Help, tratto dal libro, è in questi giorni nelle sale. Emma Stone interpreta la giovane donna, Skeeter, che scandalosamente non ha fretta né di sposarsi, né di avere figli quanto piuttosto di lavorare, di scrivere per l'esattezza. Chiedere alle cameriere di raccontare le proprie esperienze lavorative le sembra un buon modo per cominciare, così, dopo la titubanza iniziale (paura di essere riconosciuta e perdere il lavoro, pessimo ma necessario nonostante tutto) una di loro, Aibeleen, accetta di aiutarla e di aiutarsi liberandosi del peso di un fardello di umiliazioni; seguita poi da molte altre. Skeeter vuole rendere giustizia a queste donne ed in particolare alla propria cameriera Constantine, la persona dalla quale è  stata cresciuta ed indirizzata intellettualmente.
La stessa Kathryn Stockett, figlia di genitori divorziati, ricorda in un'intervista la sua tata di colore, Demetrie, che le è stata accanto da bambina.
Quanto mi sono piaciute Viola Davis - Aibileen Clark ed Octavia Spencer - Minny Jackson, nel film le cameriere protagoniste della vicenda ed è stata pregevole a livello interpretativo, perché si è fatta davvero detestare nella sua parte, Bryce Dallas Howard - Hilly Holbrook
Insomma, quando le donne ci si mettono, ne fanno delle belle, in senso buono. Si sanno anche dare aiuto quando necessario.
Lo so che è banale, in tante se lo sono già chiesto ma non fa male richiederselo: come sarebbe il mondo se a governarlo fossero delle donne?
Nella peggiore delle ipotesi si prenderebbero per i capelli nella toilette delle signore ma meglio un lancio di bigodini che quello di missili nucleari o no?

Locandina The Help