mercoledì 26 giugno 2013

Vuoi mettere?

E' tutta un'altra storia. Già, i cartoni animati di allora erano dei mini capolavori. Per allora intendo il secolo scorso... suona tetro dirlo ma così è.
Anni '80. Brrrr, sembra di guardare nella vasca dei ricordi del prof. Silente e rimanere scioccati per quanto tempo sia passato e per la nostalgia di un periodo in cui tutto era più semplice.
Semplice restare a casa, semplice uscire, semplice fare la spesa, semplice concordare un appuntamento, fare una telefonata, guardare la tv.
Ora per fare ognuna di queste cose occorre essere tassativamente dotati di: smart-phone, iPhone, iPad, iPed, iCiap, automobile di bella, automobile da lavoro, automobile di riserva, automobile figa per figlio diciottenne, pc portatile da ufficio, da casa, da lasciare in bagno (con il cellullare), tv a schermo piatto, tv a schermo ultra piatto, dolby surround, 3D, 4F, 5D, Bee Gees, interazione con gli attori, autografo simultaneo, zumba living... ops, mi sono lasciata andare. 
Comunque, sempre che nella giungla della vita odierna si riesca ad afferrare una liana e a zigzagare tra le diavolerie moderne è possibile anche accendere la tele, una normale (la mia va messa in moto ancora con il pulsantino alla base della stessa ed ogni tanto necessita uno scappellotto per convincerla a ridarmi il sonoro) e con un po' di fortuna si ritrova qualche volto caro, non di quelli lì con i capelli a punta, i volti stilizzati, tutti uguali che sembrano automi in un mondo di automi (oh, oh... mi ricorda qualcosa... ) ma quelli con espressioni umane che si incupiscono per le brutte notizie e si illuminano per le buone. 
Ho ritrovato Lady Oscar. 
La rivoluzione francese ha invaso la mia casa e le vicende di Oscar ed André mi commuovono allo spasimo. I dettagli sono curati, date, eventi, luoghi, ambienti, la voce fuori campo ti ragguaglia sulla situazione e completa il discorso, i personaggi sono una fedele copia (con qualche licenza poetica) di quelli realmente esistiti. Conte di Fersen, contessa di Polignac, Robespierre, stati generali, assemblea nazionale, sì a tutto.
Intelligente, drammatico, strappalacrime. L'unico appunto potrebbe riguardare la sfiga; insomma si sa già che andranno quasi tutti alla ghigliottina, risparmiami almeno Oscar ed André. No, non solo non vengono risparmiati ma passano attraverso cecità e tubercolosi. 
Beh, tutto sommato però la vita è più questa che glitter, trendy, fashion, gossip, pink, sparkle, uao...
"Grande festa alla corte di Francia
C'è nel regno una bimba in più..."

giovedì 13 giugno 2013

Percezioni

Falia strinse la mano di Mava e sorrise con calore, poi prese la tazza con la bevanda scura e ne bevve un lungo sorso.
“E’ sempre speciale il tuo takquò, come te d’altronde” finì di bere poi si alzò agilmente nonostante la corporatura robusta.
“Grazie fin da ora per quello che farai” e con un ultima stretta alle dita di Mava si incamminò verso l’uscita.
La padrona della Fucina tornò dietro il bancone, prese il wakra.

Il corpo dell’Intrusa fu attraversato da potenti vibrazioni e fu sospinto in avanti. 

Mava si bloccò all’istante, stranamente sorpresa guardò il wakra. Le capitava continuamente di sentire sensazioni non proprie, di condividere emozioni di altre persone ma questo particolare momento non lo aveva mai vissuto prima. Quelli erano giorni strani, ultimamente la pacata signora era stata più volte messa in guardia da un senso di irrequietezza mentre, come in un sogno ad occhi aperti il villaggio le sfilava davanti in visioni di pace e serenità. Rimase a guardare l’oggetto con gli occhi fissi su di esso, le pupille sembrarono dilatarsi quasi a voler attraversare la materia e andare oltre, dove chiunque altro si sarebbe perso.
In pochi secondi la fronte che si era lievemente corrugata si rilassò, gli occhi tornarono a socchiudersi, gli angoli della bocca si distesero.
“Questo è bene” disse a voce alta.

 L’intrusa sentì la pace invaderle le membra come fosse avvolta nel calore di un abbraccio.

 Mava  depose delicatamente il wakra in un angolo del bancone e cominciò a lavare delle radici di gerich, un arbusto che cresceva sulle montagne a nord del villaggio, era un tipo di pianta abituata a vivere in condizioni difficili, in terreni aridi e aspri; poteva germogliare nei luoghi più improbabili e traeva dagli ambienti ostili il minimo indispensabile per poter sopravvivere. Era utilizzata spesso dalla dolce signora per intervenire sui casi di artrite, infiammazioni dei nervi o gonfiori degli arti. La fusione di radici di gerich con il succo estratto dalla corteccia di un altro arbusto, il muhn, e le foglie triturate di ravisia, una piantina dai delicati fiori rosa che cresceva accanto alle fonti d’acqua, produceva una pomata miracolosa per strappi muscolari o brutte distorsioni. Mava aveva rimesso in piedi un gran numero di persone al villaggio grazie alla sua profonda conoscenza dei segreti delle piante e della terra; l’unione di questo sapere in parte acquisito, in parte innato la rendeva una persona unica, mai completamente svelata, mai completamente capita, ma sempre stimata perché la luce che le brillava negli occhi suggeriva rispetto.

mercoledì 5 giugno 2013

Percezioni

“Tuo marito desidera occuparsi di te. La sua più grande gioia è provvedere a te. Non puoi biasimarlo se desidera continuare a fare il suo lavoro”. I profondi occhi della non comune donna si posarono sul volto roseo dell’amica. “Certo, ciò non significa che faccia bene a trascurare la propria salute”. Falia annuì con vigore come un bambino a cui è offerto un dolcetto.
“Gli esseri umani sono delle creature estremamente ingenue, credono di poter arrivare alla meta saltando le tappe. Tuo marito vuole darti serenità e per farlo sacrifica il proprio benessere che è inscindibile dal tuo” socchiuse leggermente gli occhi: “Il risultato è che non l’avete entrambi”.
Falia sospirò aggrottando leggermente la fronte: “Hai proprio ragione, siamo preoccupati l’uno per l’altra”.
“Amica mia, dì a tuo marito di passare qui questa sera, preparerò un unguento per la sua malattia”. Gli angoli della bocca di Mava si piegarono all’insù; quello che lei intendeva per malattia non era solo riferito al corpo, comprendeva un significato ben più profondo: il benessere della mente.
“E gli farò bere una tisana per sollevare dai pensieri la polvere delle sue preoccupazioni”.
La signora accanto a lei sentì il sollievo invaderle le membra, sapeva che Mava si sarebbe occupata di loro, come aveva sempre fatto con ognuno degli abitanti del villaggio o con chi avesse bisogno del suo aiuto. Si sentiva finalmente tranquilla, il suo volto contemplò quello dell’amica e le sembrò che una luce lo rischiarasse facendole brillare quegli occhi così sinceri, quasi un sole che sorge dalle profondità recondite della terra e spazza via l’oscurità nei più serpeggianti cunicoli.
Falia fu catturata da quello sguardo come le capitava spesso quando era con la padrona della Fucina, si trovava a domandarsi se era necessario parlarle perché sembrava che lei sapesse già tutto, che potesse assimilare i suoi pensieri.
“Tu sei un vero spirito della terra” non poté trattenersi dal dire una confusa Falia.
Mava sorrise nel suo solito pacifico modo, consapevole delle reazioni dell’amica di fronte a lei.
“Io amo ciò che vedo, apprendo ciò che è utile, escludo ciò che è male. E non è forse quello che fanno tutti o almeno cercano di fare? Anche tu cara Falia?” allungò una mano e l’appoggiò su quella dell’amica.
“Sei qui a chiedermi di voler bene a te e a tuo marito eliminando la sofferenza con i doni della terra”.
“Io però non parlo la lingua del vento”

“La parlerai. Tutti l’apprendono prima o poi. Per alcuni è più semplice per altri è un vero ostacolo, certi non sanno neppure di doverla imparare. Io sono stata fortunata, mi è stata donata alla nascita come fu per mia madre prima di me”.