giovedì 4 dicembre 2014

Leggimi

Quale donna non ama o non ha amato Mr. Darcy? 
Quale fanciulla non ha mal sopportato la piagnucolosa Signora Bennet (magari cogliendo perverse somiglianze con la propria madre... ) o non ha voluto bene a Jane o non si è spazientita di fronte alla sciocca superficialità di Lydia, la Bennet più piccola che è anche la prima a sposarsi avendo ceduto al fascino dell'ignobile Mr. Wickham?
Beh, credo tutte. Io di certo. Elizabeth Bennet è una delle figure letterarie femminili che più amo.
Lei ed il suo mondo mi hanno sempre affascinata. Vorrei poter trascorrere una giornata tipo della famiglia Bennet, a Longbourn House per respirare quell'atmosfera di inizio ottocento: un padre un tantino scostante che si rinchiude nello studio per sfuggire ai capricci di una moglie il cui unico scopo nella vita è maritare le figlie con possibilmente ricchi gentiluomini, cinque sorelle (di cui tre piuttosto sciocche) che, in attesa dell'agognato matrimonio (siamo sicure che si stia parlando di inizio ottocento?), spendono le proprie giornate tra passeggiate, ricami e balli.
Già, una giornata forse la potrei reggere, se escludiamo il ricamo. Però non mi dispiacerebbe perlustrare la campagna inglese, sorseggiare un buon tè in un salotto nel cui camino scoppietta un allegro fuocherello, servita da un maggiordomo o da una cameriera (incredibile quanto per alcuni la vita non sia cambiata... ).
Dicevo, cameriere... Oh sì! Persone che ti rassettano la stanza, pensano al tuo bucato, ti aiutano a vestirti, ti sistemano i capelli, lavano, stendono, cucinano, servono a tavola... sì insomma si sostituiscono a te solo nelle questioni tediose, laboriose e scomode. Paradiso per i padroni, inferno per i domestici.
La scrittrice Jo Baker, inglese del Lancashire, ha voluto rischiarare gli ambienti umidi e bui, le cucine, le stalle, i cortili in cui proprio i domestici, i personaggi invisibili eppure indispensabili a Longbourn House, si muovevano.
Come sarebbe stata la vita della famiglia Bennet senza la governante, la Signora Hill, ottima cuoca, magistrale organizzatrice della cucina, educatrice delle cameriere più giovani, infermiera e consolatrice della Signora Bennet sempre in balia dei propri piagnucolii?
Cosa avrebbero fatto le signorine Bennet senza le cameriere personali che anticipavano i loro bisogni e desideri, che cucivano orpelli su vestiti e scarpette da ballo, che realizzavano le loro acconciature e svuotavano i loro vasi da notte?
Certo, la vita ai piani bassi manca del romanticismo di quelli alti ma non per questo la storia è meno piacevole, almeno per noi lettrici. Per chi quella vita la faceva davvero... la visuale cambia.
Notti gelide in soffitte e stalle, fuochi da accendere, pasti da preparare, scarpe da pulire, ospiti da ricevere, biglietti da consegnare, ordini da svolgere.
Lo so, la paura di voi super fanciulle adoranti Orgoglio e Pregiudizio è che, apprendendo questa diversa realtà, l'immagine dorata di Elizabeth stretta al braccio di Mr. Darcy, possa annerirsi e sciuparsi; era il mio stesso timore mentre acquistavo il libro: "Longbourn House", appunto di Jo Baker, Einaudi, ma fortunatamente l'incantesimo non si è spezzato, almeno per me.
Nel libro ho ritrovato le mie affezionate conoscenze, la mia amica del cuore Elizabeth che resta perfetta in qualunque contesto poiché l'originale Austeniano è marchiato a fuoco nel mio cuore e qualunque altra descrizione può essere apprezzabile o detestabile ma resta pur sempre un'imitazione.
E poi i protagonisti sono loro, i domestici con crucci, sentimenti, opinioni, storie d'amore.
Ho letto il libro tutto d'un fiato per la nostalgia che avevo di Longbourn, l'eccitazione di poter spiare la casa da un'altra angolazione, l'apprendimento di nuovi particolari circa la vita dell'epoca, all'interno di residenze signorili o case più modeste o in un contesto storico più ampio in cui l'Inghilterra era schierata contro Napoleone.
Ragazze, non fatevi spaventare, ve lo consiglio, è un'ottima lettura.
E se lo dico io... vabbé dai! Accontentatevi!



Longbourn House



venerdì 14 novembre 2014

Percezioni

L’Intrusa cadde in ginocchio. Con il waka appoggiato in grembo attese che il male si manifestasse.

Tre uomini apparvero sulla soglia della Fucina. Due di loro indossavano vestiti da lavoro sporchi e trasandati, avevano mani e volti sudici come se fossero sbucati direttamente dal sottosuolo mentre il terzo, magrissimo e di un'altezza anomala rispetto non solo agli altri due ma anche agli uomini di Tefuquà, giganteggiava come una deforme ombra nera. Neri erano infatti i pantaloni e la mantella che gli ricopriva interamente busto e braccia scendendo fino alle ginocchia, neri i capelli che cadevano dritti a metà schiena, neri il cappello ed il fazzoletto rialzato come bavero che gli nascondevano il viso.
I suoi due compagni, senza osare guardarlo ma come tacitamente in accordo, si diressero verso l’individuo rozzo che aveva insultato Mava poco tempo prima e si sedettero al suo tavolo mentre quest’ultimo, seppur conscio dell’arrivo dei tre, continuò a sorseggiare la zuppa a testa bassa.
Nella sala il chiacchiericcio era stato come risucchiato da un vortice apertosi con l’arrivo dell’Ombra.  Il silenzio denso serrava le gole e faceva pulsare le tempie; ogni volto irrigidito era diretto all’angosciante sagoma nera apparsa dal nulla.
L’uomo andò verso Mava, i suoi passi erano così leggeri che sembrava sfiorare appena il pavimento; giunto dinanzi a lei lo colse un attimo di esitazione quando, sollevando il capo, catturò i suoi occhi. Non pareva intimorito quanto piuttosto sorpreso per essersi imbattuto nell’inaspettato.
La padrona della Fucina conosceva chi le stava di fronte, lo aveva capito immediatamente non perché lo avesse già incontrato ma perché la propria anima era stata preparata a quell’incontro prima che il proprio corpo nascesse.
Quante erano le energie che gli uomini non conoscevano…
Con un solo gesto assolutamente imprevisto che, nemmeno egli stesso aveva progettato prima di vedere Mava, l’oscuro individuo si tolse il cappello ed abbassò il fazzoletto lasciando il viso scoperto di fronte agli occhi terrorizzati di tutti i presenti.

La sola padrona della Fucina non venne scossa dalla visione.

giovedì 16 ottobre 2014

TELEGIORNALE CASALINGO

Rosa: “Non mi stupirei se al prossimo giro, dopo la Tasi, i comuni mandassero una busta bianca ad ogni cittadino per invitare ad una libera offerta”.
Ginoria: “Già, per sponsorizzare i non servizi che già sponsorizziamo con Tari, Tasi, Imu, Pimpo e Lalla”.
Rina: “Dentro ci sarebbe un cartoncino bianco che in preda ai bruciori delle nostre ulcere mostrerebbe la scritta in inchiostro simpatico: Vi preghiamo liberamente di contribuire a che la vostra casa rimanga dov’è, insieme alla macchina e ad ogni altro vostro bene materiale. Noi lottiamo ogni giorno per preservarli salvo in caso di riprovevoli inadempienze. Grazie per la vostra libera offerta”.
Rosa: “D’altronde con i tagli dello stato agli enti locali… E’ chiaro che poi ci vanno di mezzo i cittadini… ”.
Rina: “Ebbene sì. Una volta fatto il giro delle autorità e compagnia bella, a rimanere con le toppe alle chiappe siamo noi. A chi tagliamo noi?”.
Ginoria: “Ah! Io alla pedicure. Mi duole dirlo ma non posso far fronte anche a quella spesa”.
Io: “Chissà su chi taglia lei, la pedicure dico”.
Nella: “Sull’asilo nido. Tanto dice che i bambini tornano sempre intrisi di germi e fanno ammalare tutti gli altri membri della famiglia. Ora li lascia alla suocera tutto il giorno”.
Rina: “Poveraccia! E lei su chi taglierà?”.
Ginoria: “Sicuramente sul marito, non gli permetterà più di andare al bar”.
Io: “Eppure con la spending review… ”.
Nella: “Sì ma lo spread cresce”.
Rosa: “Insieme ad inflazione e disoccupazione”.
Ginoria: “Le borse crollano, pensare che lo diceva già Marisa Laurito nell’89 a Sanremo”.
Io: “Magari con la nuova manovra economica… ”.
Rina: “Sempre che venga approvata dall’Europa”.
Ginoria: “Sennò via di multa”.
Rina: “E indovina chi paga?”
Nella: “Forse dovremmo fare come quelle là che vanno a protestare nelle piazze a seno nudo”.
Io: “Chissà perché a seno nudo”
Rina: “Per attirare l’attenzione no? Altrimenti chi farebbe caso ad una protesta al giorno d’oggi?”.
Rosa: “Verissimo, per me attirerebbero più l’attenzione due vestite in Chanel o Gucci”.
Ginoria: “Parole sante. Basta avere delle Jimmy Choo ai piedi e sei già degna di attenzione”.
Io: “Brava! Con quelle sarei stata invitata anch’io al matrimonio di Clooney”.
Rina: “Ah! Di certo ed i giornalisti avrebbero già imbastito la trama della tua vita, figlia di benestanti, imparentati a George per linea materna, cugini di un senatore di origini italiane… ”.
Nella: “Che matrimonio però!”. Soffiando sull’alluce fresco di smalto.
Rosa: “Sì, intimo nella ristretta cerchia della diretta mondiale”.
Tonfo di borse.
La signora Mirka è sulla soglia con un’espressione estasiata.
“Anche voi guardate Il Segreto?”.




venerdì 3 ottobre 2014

ITALY IN A DAY

Meravigliosamente gente.
Lo scorso sabato ho guardato il film di Gabriele Salvatores, realizzato unendo i filmati che le persone, la gente comune ha inviato quasi un anno fa, il 26 ottobre.
Non sono riuscita a muovermi per tutta la durata della messa in onda, gioendo dell’assenza di interruzioni pubblicitarie. Stravaccata in diagonale sul letto per quasi due ore ho condiviso le vite di altre persone.
Speciale era il pensiero di non guardare un film in cui i personaggi erano interpretati da attori né, per la stessa ragione, di assistere ad uno spettacolo teatrale. Speciale era il pensiero che in quel momento io stessi entrando nelle case di persone sconosciute, nelle loro confidenze, nei loro affetti, nei loro guai.
Spesso scrivo dei piccoli grandi problemi delle nostre vite frenetiche, del come far tutto ciò che la vita impone, impegni, lavoro quando c’è, ricerca del lavoro quando non c’è. E quando scrivo, solitamente, è ai miei problemi a cui penso ben sapendo che sono gli stessi per tutti, almeno per la maggioranza delle persone. Quando parlo di affetti, il pensiero è rivolto ai miei familiari e agli amici. Certo, perché la mia è una vita comune, come quella di tutti.
Finché non entri in casa delle persone e la constatazione passa dalla sfera dell’astratto a quella del concreto.
La gente vive, come me. Si alza al mattino, svegliata da un bacio, una carezza, un figlio o da nulla, eccetto che dal nuovo giorno. Va a scuola, al lavoro, a correre, a cercare lavoro, ad aspettare la svolta della vita.
Le persone hanno paura, di se stesse, della solitudine, del dolore.
Amano. Il genitore anziano che non ricorda più il loro nome, il fidanzato, la fidanzata, i figli, la nuova sorellina.
E la paura, l’affetto, l’amore diventano all’improvviso: nostri.
Ti ricordi che sono sentimenti e come tali appartengono ad altre persone, non solo a te. Tutto è unico ma universale, personale ma condivisibile.
Per un momento l’ho ricordato e mi ha fatto bene.









sabato 27 settembre 2014

Leggimi!

Sara vive in Svezia ed è appassionata di libri che considera i suoi veri amici, sostenitori, compagni di viaggio e di riposo, custodi dei propri stati d’animo. E’ così per lei certo ma Sara è convinta che per ognuno esista un libro specifico. Un libro personale che attende di essere trovato e letto.
Nemmeno a dirlo la ragazza lavora in una libreria, ops! Lavorava. Dopo la chiusura del negozio, si ritrova con molto tempo a disposizione per  leggere naturalmente e per discutere di libri con un’amica di penna più anziana di lei. Una dolce signora americana, Amy, con la quale condivide la propria passione ed il proprio stile di vita librereccio.
Le due donne, di generazioni così diverse, ricamano sulla carta da lettere la propria amicizia fatta di confidenze, ricordi e consigli letterari, finché Amy invita la giovane Sara nella cittadina di Broken Wheel per mostrarle di persona il proprio mondo e rendere reale ciò che fino ad allora era stato affidato al potere delle parole.
Sara accetta con entusiasmo e dalla Svezia parte per l’America. L’arrivo non è dei più felici, una brutta sorpresa aspetta la ragazza che viene risucchiata nel vortice delle vite più o meno tormentate degli abitanti di Broken Wheel.
Sara timida e schiva, asociale per dirla tutta, si ritrova al centro dell’interesse di un’intera cittadina. Ma il fatto di essere stata strappata al proprio universo personale, in cui le stelle corrispondono a pagine e pagine di libri, gioca a suo favore poiché smuove lentamente un’intraprendenza inaspettata.
La sua uscita dal letargo letterario è trainato da nuove amicizie, solidarietà e sentimenti sorprendenti.
Una favola leggera, a tratti caramellosa ed improbabile ma dal profumo invitante che non si può ignorare anche perché alla fine della lettura ci si sente piacevolmente sazi, con la voglia di sognare e magari di realizzare qualcosa rimasto lì, nell’elenco dei desideri ma trascurato poiché dopotutto è solo uno sfizio e con tante cose più urgenti a cui pensare…
Buona lettura!

Dettagli prodotto


“La lettrice che partì inseguendo un lieto fine”, Katarina Bivald, Sperling

giovedì 24 luglio 2014

Siamo a posto

Rina è arrivata trafelata e sconvolta per due notizie shock.
Stava leggendo la sua rivista settimanale preferita (Tu Style Magazine) quando:
1° Ha saputo che molte ragazze sudcoreane decidono di sottoporsi ad interventi di chirurgia plastica per avere fattezze simili a quelle dei personaggi Manga. Gli sconvolgenti effetti sono quelli di risultare tutte molto simili e di essere stoppate ai posti di frontiera dove l'immagine offerta non corrisponde più a quella immortalata nella fotografia sul passaporto.
Discussione seguita:
"Io mi rifarei solo il naso. Mi accontento. Però dovrebbe essere come quello di Nicole Kidman. IDENTICO a quello girato nel film Giorni di Tuono" dichiara Nella.
"Guarda che il suo naso è sempre lo stesso. Non è mica rifatto come le labbra " commenta Ginoria.
"Appunto, lo voglio così però accompagnato dai capelli rossi riccioluti".
"Beh, allora ti ci vogliono anche trapianto e permanente" consiglia Rosa.
"Io piuttosto opterei per una riduzione delle tette" prosegue sempre Rosa e noi la guardiamo come si può guardare qualcuno a cui sono state consegnate le chiavi di una villa faraonica che rifiuta in favore di una lettiera per gatti.
"Ragazze se aveste idea della manutenzione necessaria per conservarle, mi capireste". Sarà. Ci piacerebbe averne appunto un'idea.
2° Molti vip americani hanno optato per un tipo di alimentazione alternativa. Al bando mani, posate, masticazione e deglutizione, meglio una sana flebo. Direttamente in vena tutte le sostanze nutritive necessarie alla sopravvivenza e poi via di selfie a testimoniare l'ideona. Il nuovo trend? Il flebo party.
Discussione seguita:
Silenzio.
Trenta minuti dopo.
"E' un bene non disporre di grandi somme di denaro" commenta Nella.
"Essere sconosciuti e anonimi, che sollievo" aggiungo io.
Insieme di voci:
"Cucinare in pentole, servire a tavola, sgranocchiare davanti alla tv, cenare da Joe Padella... ".
"Davvero... davvero... davvero i vip non riescono ad immaginare altri modi di spendere i loro soldi?!".
Ci alziamo tutte per preparare una sana merenda e mentre siamo intente a spalmare nutella su crackers e fette di pane tostato...
"Amo le mie scialbe tettone!" sventola una voce sopra le altre.

giovedì 19 giugno 2014

A ciascuno la propria.. dieta

Estate estate. Sole, profumi, vacanze e, qui si spegne l’esibizione dentistica del sorrisone, prova costume.
Io e le mie amiche abbiamo un patto per cui, ogni inizio di giugno, dobbiamo depositare le forchette e ragionare con onestà sull'anno alimentare precedente.
“Io Rosa ammetto di aver ceduto al vassoietto di paste del pranzo domenicale… al lunedì (l’inizio settimana altrimenti sarebbe davvero troppo troppo tragico), al venerdì (dopotutto il weekend è iniziato) ed ogni volta che mi sono sentita un tantino giù (sono giù anche ora)”.
“Io Ginoria, ammetto di essermi concessa qualche fetta di prosciutto di troppo e… mortadella, salame, speck dentro a saltuari panini nei (tutti) giorni lavorativi. Niente però alla domenica. Lì solo pasta”.
“Io Rina ammetto di non aver perso un happy hour da Natale in poi”.
“Io Nella ammetto di aver ecceduto con i salatini che mi concedo rigidamente, una sera sì ed una no. Però resto vegetariana… tranne per le braciole”.
“Io (proprio io) ammetto di non aver saputo rinunciare al dolcetto dopo pasto, tutti i pasti… però mangio tanta insalata… dopo la pizza e prima del gelato”.
Insomma, a questo punto dell’anno, il punto è rimettersi in forma. Ci sarebbe da pensare prima al colesterolo ma siamo tutte unite nel ritenere che un giro coscia più stretto farebbe miracoli per l’autostima e conseguentemente anche per il colesterolo.
Qualcuno si starà chiedendo perché approdare a giugno prima di decidersi a rimettersi in forma ma la risposta è semplice, l’inquinamento ambientale ha causato drastici cambiamenti climatici per cui le temperature accettabili, vale a dire da costume da bagno, non arrivano prima di giugno e talvolta nemmeno a giugno. Perché tormentare il corpo ed anche la psiche prima di quanto non sia obbligatoriamente necessario? Senza contare che potrebbe esservi una glaciazione ed allora i cuscinetti di adipe potrebbero tornare utili ai fini della sopravvivenza.
Dunque:
Rosa ha deciso di tentare la dieta delle proteine e ha cominciato a mangiare petti di pollo e uova strapazzate a colazione.
Ginoria si è buttata nella dieta del gruppo sanguigno ed ora viaggia con il vocabolario nella borsa poiché si trova continuamente di fronte all’arcano: topinambur, kasha, meraviglie di Venezia.
Rina, la solita estremista, ha optato per la dieta vegana… i turpiloqui sono quadruplicati. Ieri ha tirato il volume Super Vegans in testa alla sua collega che stava amoreggiando con un piatto di carbonara.
Nella sta simpatizzando con la dieta del digiuno ma nessuno riesce a farle capire che con digiuno non si intende assenza totale di cibo. Due sere fa, in preda ad allucinazioni gastro intestinali ha spazzato gli omogenizzati dei suoi nipoti dal frigorifero.
Io sono per il metodo fai da te ed ho cominciato a farmi frullatoni e a condire qualsiasi cosa con tutti i tipi di semi esistenti, di girasole, lino, zucca, sesamo, papavero… dicono facciano tanto bene…
Certo nessuna di noi è sicura di fare la cosa giusta, dopotutto, quelle scelte, sono solo alcune delle diete esistenti: ci sono anche la kousmine, la multivitaminica, la crudista, il China Study, la personalizzata, la vegetariana, la South Beach, la dieta del respiro, del limone, della stitichezza, pancia piatta, antistress, anti gonfiore, senza grassi, ipocalorica, ipercalorica, per il diabete, Atkins, dissociata, macrobiotioca…
Al presente siamo tutte stressate, con pancia gonfia, mal di testa, troppo o troppo poco stitiche per il non sapere quale potrebbe essere la dieta giusta. Anche perché, a ben guardare, dovremmo seguirle tutte. 
Ma più diete insieme fanno un dietone per cui si perdono venti chili oppure costituiscono un infallibile metodo di acquisire peso solo annusando i cibi?
La signora Mirka, di fronte a tale dilemma, con occhi sgranati e cotonatura rigida ha detto che lei di solito mangia in caso di fame e fino a sazietà, altrimenti alla sera non riuscirebbe a prendere sonno.
Chissà, forse ha ragione lei. E’ sana, in forma e sempre allegra.
Ma allora se quello è il trucco… in quale periodo storico esattamente si è verificato il Big Bang delle proposte alimentari? E perché da bambini mangiavamo pane, zucchero e burro ogni giorno senza essere né obesi, né malati?
Boh.

giovedì 29 maggio 2014

Fantasticamente fantasy!

Grazie ai piccoli e ai grandi lettori (soprattutto piccoli!) la cui voglia di sognare ha saputo trasportare in un mondo fatato... dove sembra ci si trovi bene!
Grazie a loro per la nuova ristampa di Toried!


... “Se è per questo, non ricordo nemmeno l’ultima volta in cui il cielo è stato azzurro!” esclamò Hum rimanendo all’ingresso del grottino. “Ogni volta che salgo a Limpia, vedo il cielo opaco ed il sole debole. Riaa e le Brezze ne risentono parecchio, gli Gnomi Boschivi sono molto preoccupati”.
“Questo luogo è incantato” sussurrò Corinna incapace di distogliere gli occhi dall’acqua. Arturo annuì silenzioso percependo un’atmosfera insolita. Sentì il bisogno urgente di avvicinarsi a Corinna e dovette sforzarsi per resistere all’impulso di prenderle una mano. Ma sono diventato scemo?!!! Si rimproverò mentre un ribollimento generale lo attraversava da capo a piedi. Si concentrò solo sull’acqua, inspirando l’aria fresca del grottino. I polmoni sembrarono dilatarsi di propria volontà per immagazzinare quanto più ossigeno possibile; gli parve di essere così leggero da poter levitare. L’agitazione si placò all’istante ed Arturo osservò l’acqua nella vasca rocciosa dove si stavano formando panciute bolle… forse un po’ troppo panciute.
“Guardate lì!!” gridò Emilio inginocchiandosi sul bordo della vasca. Le bolle cominciarono a librarsi nell’aria. Hum ed Ahnonio si sedettero sornioni su due pietre piatte ai piedi della cascatella.
“Se non volete fare un altro bagno sarà meglio che vi spostiate!” suggerì Ahnonio.
I ragazzi fecero alcuni passi indietro, per quel giorno ne avevano abbastanza di acqua fredda! L’unica a non indietreggiare fu Corinna completamente rapita dal fenomeno.
“Corinna! Allontanati!” le gridò Arturo spostando l’attenzione da lei alla pozza che cominciava ad emettere suoni sinistri. La ragazzina non gli rispose.
“Corinna… ” ritentò Arturo ma Ahnonio e Hum lo trattennero per le braccia.
“Aspetta! Sta succedendo una cosa meravigliosa!” disse Hum con gli occhietti scintillanti.
All’improvviso l’acqua della pozza esplose verso l’alto in un unico getto e quando raggiunse il soffitto della grotta si dissolse in una miriade di goccioline vaporizzate che cominciarono a ricadere verso la vasca... 

giovedì 15 maggio 2014

Bellezza naturale



Ogni tanto dovremmo proprio soffermarci sulla bellezza della natura, anche solo per pochi secondi. 
Ho scattato la foto dal sedile della macchina accostata al ciglio della strada. Impossibile non immortalare un tal spettacolo!

Tramonto su risaia novarese




martedì 29 aprile 2014

Si legge!

Ieri, giornata uggiosa e turno di riposo hanno tramato per farmi partire l’embolo della lettura. Dopotutto non potevo, come tutti i lunedì, lavare i pavimenti e sbattere i tappeti, più qualche altra cosetta legata a strofinacci, polvere e così via, troppa pioggia, troppa umidità. Allora ho deciso di proseguire una lettura già iniziata ma zoppicante causa lavoro, emergenze domestiche, malesseri di stagione (vitalità da tartaruga ingessata) e ops! Ho scoperto quanto fosse piacevole quel libro! Tanto da leggerlo tutto. Ancora una riga e poi smetto, beh, tanto vale arrivare alla fine del capitolo, caspita ma ora devo sapere come va avanti. Insomma al momento di andare a letto ero urtata per averlo terminato e per non aver più niente da leggere! Credo che i medici dovrebbero consigliare una giornata di lettura alla settimana, tipo: leggi una giornata intera e dimenticherai la dentiera! No, così andrebbe bene solo per alcuni, dunque: una giornata-lettura fa risplender la tua natura! 
Tornando al libro. E’ per ragazzi, sono elastica nell’ambito letterario, si intitola: “Miss Charity”, è scritto da Marie-Aude Murail ed è pubblicato da Giunti.
1875, Charity Tiddler ha quasi cinque anni ed una famiglia stramba. Un padre quasi muto, almeno così crede Charity non avendolo mai sentito pronunciare una frase intera ed una madre che degna la figlia di attenzione solo al momento del rimprovero o del sermone. La bimba cresce nella solitudine, nella monotonia di giorni sempre uguali e nel terrore delle storie raccontate dalla propria bambinaia, un tantino disturbata.
Ok, brutto quadro, se non fosse che Charity è curiosa, intelligente, fantasiosa e trova il modo di salvarsi da un’esistenza altrimenti spenta circondandosi di amici originali: topini, ricci, ghiri, conigli, uccelli, tartarughe, insetti. La mansarda in cui trascorre la maggior parte delle sue giornate diventa un eccentrico zoo in cui la perdita di questa o quella bestiolina non è tanto motivo di lutto quanto di interesse scientifico. E così Charity, osserva, analizza, seziona, annota sul proprio quaderno le personali scoperte e trova anche il tempo di leggere opere di altro genere, come le tragedie di Shakespeare che impara a memoria e recita ai propri animali. 
L’arrivo di Mlle Legros, un’istitutrice francese, colora, in tutti i sensi l’esistenza di Charity, o come dice Mlle Legros: Cherry. Infatti sarà l’istitutrice ad insegnarle l’arte del disegno e degli acquerelli, disciplina per cui la bambina ha una predisposizione innata; è brava, molto brava e Charity può ora corredare il quaderno di deliziose e dettagliate illustrazioni basate sulle proprie osservazioni dal vivo.
La bambina cresce, diventando fanciulla e poi donna; sebbene sempre un po’ relegata nei confini della propria vita singolare, inevitabilmente si troverà ad incrociare le strade di altri personaggi, alcuni determinanti per le sue scelte future, come Herr Schmal, precettore di tedesco del cugino, altri meno significativi ma sempre piuttosto pittoreschi.
L’amicizia con gli animaletti, l’abilità nel rappresentarli, l’immaginazione costituiranno l’ancora di salvezza di Charity in una società altrimenti soffocante, ristretta, avida, ignorante.
Marie-Aude Murail racconta una storia deliziosa e lo fa con semplicità e raffinatezza al tempo stesso, con ironia e buonumore, con leggerezza ed acume.
In questo libro ho assaporato tutto, specie, nella seconda parte, le citazioni dissacranti di Bernard Shaw, (che Charity incontra personalmente per richiedere un favore personale… ) del tipo: “La felicità di un uomo dipende dalle donne che non ha sposato”, oppure: “Si paragona spesso il matrimonio ad una lotteria. E’ un errore perché, alla lotteria, ogni tanto si può anche vincere”.
Ho lasciato per ultimo lui, il grande Oscar Wilde le cui opere in quel periodo trionfavano sulle scene teatrali: “Ogni volta che la sera penso ai miei difetti, mi addormento subito”, “Non ci sono domande indiscrete. Ma lo sono alcune risposte”. E la cui genialità è prima ammirata e poi deprecata quando verrà imprigionato per omosessualità, incredibile ma vero, d’altronde, per usare parole sue:

“E’ più facile essere crudeli che divertenti”.

lunedì 7 aprile 2014

Amiamolo

Prosegue la mia campagna in difesa del nostro patrimonio artistico. Abbiamo il meglio, abbiamo tutto. 
Apprezziamolo. Salviamolo. Amiamolo. Diamo lavoro a tanti, arricchiamoci culturalmente ed anche economicamente poiché il mondo fuori dall'Italia scalpita per ammirare il nostro tesoro. Restauro, cura, rispetto e le casse dello stato ringrazieranno. Possibile che bisogna sempre ricorrere al tasto guadagno per convincerci a salvare il nostro dna culturale?
Questo nuovo slancio è dovuto alla gita fuori porta di ieri... il luogo è meraviglioso e molto noto grazie ad un riuscitissimo sceneggiato tv anche se ora che il successo televisivo è passato, il piccolo mondo di cui parlo è rientrato nei libri di storia ed il rischio polvere ed acari...
Vediamo se qualcuno lo riconosce...

Immaginiamo per un istante, una dama con il ventaglio ed un tempo lontano, nemmeno troppo...

Scesi la gradinata; il parco in primavera diventava un luogo incantato ed il castello pareva rigenerarsi insieme alla natura circostante. Le pietre risplendevano e le finestre si illuminavano al gioco dei raggi del sole che, intrufolandosi nelle raffinate stanze, le impreziosivano oltre ogni immaginazione. 





E le passeggiate nel parco, per me, erano pura gioia. Il mio era un dialogo silenzioso con gli abitanti di questo luogo; che fossero stati plasmati dalle mani di straordinari artisti o...







... dall'artista per eccellenza...


Parlo del Castello d'Agliè, in provincia di Torino e la serie tv, cui mi riferivo era Elisa di Rivombrosa.
Ma già lo sapete.





venerdì 21 marzo 2014

Usa la fantasia

Quando affidi ai bambini il compito di usare la fantasia, si ottengono risultati da paura... nel vero senso del termine.
Visto che stiamo leggendo le favole di Esopo cercando di comprenderne la morale ho pensato di cominciare una favola di mia invenzione i cui protagonisti sono il micio Orzo, un delfino ed una tartaruga d'acqua e di lasciare ai bambini di una scuola primaria il compito di proseguirla. Le classi che vi si sono cimentate andavano dalla terza alla quinta elementare e devo dire che, nella maggioranza dei casi i poveri, simpatici animaletti sono stati bellamente ignorati per essere rimpiazzati da robot malvagi, vampiri famelici, mostri senza pietà. Qualcuno ha mantenuto come protagonista il gattino Orzo dimenticandosi degli altri due ed altri hanno modificato completamente il luogo di svolgimento della scena soppiantandolo con altri di maggior gradimento.
Beh, se non altro, in quest'ultimo caso vi è stata una rielaborazione personale che ha messo in moto la fantasia, resto un po' preoccupata per il gusto dell'orrido, per la visione macabra della realtà. Forse gli adulti dovrebbero considerare il fatto con maggiore attenzione.. Comunque sfido i grandi a fare di meglio:

                     
Orzo era un gattino molto coraggioso, amava vagare in lungo e in largo, attraversava strade pericolose, perlustrava cortili, si arrampicava sui balconi e sugli alberi.
Un giorno si ritrovò, senza sapere come, ai margini di una vasta foresta.
Il proprio spirito avventuroso vi spinse ad entrarvi. Dopo aver camminato per ore, Orzo salì su un tronco caduto, superò un alto cespuglio e poi la sua bocca si spalancò in un: "Miaooo!" sbalordito.
Nel cuore della foresta, le onde si infrangevano sulle sponde erbose, carezzando le cortecce degli alberi...
Se mettiamo da parte zombie, fantasmi e pipistrelli che, per fantasia fanciullesca, ad un certo punto invadono la scena, la mia versione preferita è quella di un bambino che ha scritto:
IL DEFINO DISSE: "MI CHIAMO NESSUNO!" (DA LEGGERE CON TONO OPERATIVO).

Alla domanda che cosa egli intendesse con operativo, il bambino ha risposto: "Come all'Opera!".
Immagino un delfino soprano,
Questa sì che è fantasia!



lunedì 10 marzo 2014

Ma per favore!

Sono stufa di vedere alla televisione pubblicità di automobili che, per bellezza, praticità, efficienza, ampiezza (anche quando sono scatolette), velocità, sicurezza e perfezione sembra possano risolvere qualsiasi problema della dura vita.
E’ avvilente uno spot in cui un uomo racconta di come la propria esistenza abbia perso tutti i valori, sia scaduta sotto ogni aspetto, dalla famiglia al lavoro, dal rapporto con gli amici (quali amici?) a quello con gli esseri umani in generale che peraltro paiono soccombere, esattamente come lui ad una depressione universale, causata probabilmente dall’eccesso di pressioni del mondo moderno e (qualche secondo per riprendere fiato) ritrova il sorriso, ma che dico? La voglia di vivere, la giovialità, il senso dell’esistenza perduta di fronte a quel modello fichissimo di auto, a quella bomba di comfort ed eleganza, a quella linea lussuosa che rutta cavalli di potenza.
In effetti, caro uomo, la vita era davvero ingiusta quando non ti permetteva più di trarre gioia dalla vista del tuo bebè o di tua moglie, per fortuna però ti ha messo sulla strada, è proprio il caso di dire, quella meravigliosa bomba di pneumatici e specchietti, sedili ed airbag, autoradio e freno a mano!
A guidarla poi, un’emozione… ti senti un novello Superman anche se al posto di un fisico d’acciaio hai una vettura d’acciaio (credo che tua moglie avrebbe preferito la prima opzione) ed una volta sceso, beh, sei sempre tu. Ma lì sul vialetto invece c’è lei! Sempre che non sia stata sacrificata la casa per comprarla, perché la perfezione va pagata e se non l’hai pagata cara allora significa che non è perfetta, mi spiace, su questo non ci piove.
Dunque, dicevo, sono stufa di tutto questo sfruttamento improprio di sentimenti al fine di evidenziare le qualità di un’automobile che, essendo una macchina, per definizione di sentimenti non ne proverà mai ed è abietto voler far credere che una vita spenta riprenda a luccicare per intercessione di un’automobile.
Senza contare, caro uomo, che quella lì, non ti porterà mai ad attraversare il deserto o ad entrare nella bocca di un vulcano come nelle pubblicità ti vogliono far credere, anche perché se avessi i soldi per comprare qualcosa del genere allora forse li avresti anche per un jet privato che, a mio giudizio, ti farebbe risparmiare tempo ed incomodi.
Se proprio, proprio, si vogliono importunare dei sentimenti in relazione ad un’auto, allora come minimo dovrebbe rappresentare una vettura dalle doti miracolose; innanzitutto dovrebbe essere alla portata di uno stipendio da commesso part-time a tempo determinato, poi dovrebbe andare ad aria ed adattarsi alle dimensioni di qualsivoglia spazio-parcheggio e la cosa più importante: dovrebbe percepire il valore di una vita umana più dell’umano che la guida, così magari ci sarebbero meno incidenti.
Ecco, se fosse così, allora direi che si potrebbe far man bassa di sentimenti senza remore per spiegare quanto sarebbe importante aggiungere un posto a tavola ed averne una in famiglia.



venerdì 21 febbraio 2014

Ti leggo

Echo è una diciassettenne che ha vissuto un'esperienza traumatica... molto traumatica e di cui ha rimosso il ricordo poiché incapace di sostenerne il dolore.
Anche se non è così semplice mettere da parte quel pezzetto della sua vita poiché da esso derivano delle cicatrici fisiche che costellano il suo corpo e con le quali ogni giorno si deve misurare. 
Al suo liceo è guardata con sospetto, è considerata strana: perché indossa sempre maglie a maniche lunghe che le coprono persino le mani? Perché da quando ha avuto un incidente di cui nessuno sembra sapere nulla si è isolata da tutti?
Noah è un coetaneo di Echo, frequenta il suo liceo ed ha una storia diversa dalla sua ma altrettanto dolorosa. Il ragazzo ha infatti perso i genitori in un incendio e, separato dai fratellini, passa da una famiglia affidataria all'altra senza trovare mai una collocazione dignitosa. Il suo scopo nella vita è quello di diplomarsi e, una volta maggiorenne, assumere la custodia dei fratelli. 
Finché la sua esperienza e quella di Echo non si intrecciano... ed entrambi scoprono l'esistenza di qualcuno a cui è realmente possibile aggrapparsi, grazie al quale è persino possibile recuperare un tesoro di inestimabile valore: la normalità.
"Oltre i limiti", di Katie McGarry è un libro per adolescenti sognatori, problematici, bisognosi di storie difficili, romantiche e a lieto fine. E' anche un libro per adulti rimasti adolescenti dentro o eccessivamente maturi e dunque desiderosi di annusare nuovamente l'aroma dei banchi di scuola, dei libri, delle strigliate degli insegnanti, delle vigliaccate dei finti amici, delle incomprensioni familiari, degli amori che salvano.
Credo di rientrare in tutte le categorie.
Consigliato.
Dettagli prodotto

giovedì 6 febbraio 2014

Le Avventure di Gualdella


Gualdella e Chiometta stavano scendendo verso la terra. Andavano ad una discreta velocità, ad entrambe infatti piaceva esibirsi in evoluzioni fantasiose, specie quando Chiometta si lanciava di sotto in verticale con Gualdella che le ruotava intorno tenendo il manico con una mano.
Sembravano entrambe spericolate ma in realtà non facevano nulla che non fosse sotto un controllo strettamente magico. Le due arrivarono alla frontiera celeste cariche di energia.
“Buongiorno Rullo!” esclamò Gualdella quando vide il mago troll che controllava il passaggio degli esseri incantati tra la terra ed il Mondo Magico, meglio conosciuto come Dogic.
“Ehilà Gualdella! Bentornata! Ho saputo delle tue peregrinazioni, complimenti per il coraggio!”. Chiometta si fermò ad un millimetro dal prominente naso del troll. “Certo anche tu cara sei stata in gamba, anzi ho saputo che hai salvato la nostra Gualdella in più di un’occasione”. La scopa, lusingata, arricciò la sua chioma ed accarezzò il naso di Rullo con una delle sue ciocche. “Suvvia non esagerare!”. L'esserino era imbarazzato ma molto compiaciuto. “Ecco qua!” esclamò il mago troll facendo apparire un fascio di pergamene. “I Sinzi mi hanno mandato notizie fresche a mano a mano che tu affrontavi qualche nuovo pericolo. Sono davvero degli esserini ammodo e poi sai, nel mio lavoro è essenziale l’informazione!”. Abbassando la voce aggiunse: “Questo è un luogo in cui passano molte creature dai poteri forti e, a volte, dalle intenzioni ambigue”. Gualdella e Chiometta annuirono.
“Sai, mi piacerebbe poterle leggere” disse la strega indicando le pergamene.
“Puoi trovare tutto descritto nel libro, Prodezze Fatate, in biblioteca” spiegò il mago troll. Gualdella tentennò.
“Sai, avremmo voluto scendere sulla terra a veder come si comportano gli umani nel giorno di Samhain”. Rullo saltò giù dallo sgabello di nuvola su cui era seduto. Era alto quanto la streghetta, la sua pelle faceva ricordare la corteccia di un albero, le orecchie erano appuntite ed i capelli filamentosi gli scendevano sulle spalle. Camminò lungo un sentiero erboso che sovrastava le nuvole seguito da Gualdella e Chiometta. Arrivarono in un punto in cui un cerchio di terra battuta sostituiva l’erba e circondava una botola di legno altrettanto rotonda, con una catena di metallo ancorata alla serratura. Una quercia dai rami poderosi comparve nel momento in cui i tre nuovi arrivati misero piede (in senso metaforico per quanto riguarda Chiometta) sul terreno accanto alla botola. Rullo tirò fuori una bacchetta dal taschino del gilè marrone che indossava sopra una camicia color argilla.
“Gentile passa!” esclamò. La chioma della quercia cominciò ad oscillare, il tronco enorme tremò. Le radici si sollevarono trasformandosi in due zampe unghiate, il tronco diventò un corpo ricoperto di squame e la chioma prese la forma di una testa di animale. Aveva, a prima vista, l’aspetto di un drago, con gli aculei infilati l’uno dopo l’altro lungo la schiena fino alla coda a punta; ma il muso ricordava quello allungato di un cavallo e così la criniera dorata che scendeva morbidamente ai lati del collo.
“Ehi! Tintor! Buongiorno!” lo salutò Gualdella. Il Crodag, alla cui specie la creatura apparteneva, fece ondeggiare il grande corpo.
“Buongiorno a te Gualdella!” rispose con voce crepitante.
“Vorremmo dare un’occhiata di sotto!”. Tintor annuì. Aprì l’enorme bocca, i cui denti acuminati rifletterono la luce del giorno, ed emise un getto di fuoco arancio sopra la botola di legno; la catena si sollevò lentamente tra le fiamme mentre la criniera dorata del Crodag si allungava ad afferrarla. Il coperchio della botola cominciò a sollevarsi mostrando un varco. Gualdella, Chiometta e Rullo si sporsero a guardare. Restarono un attimo con gli occhi fissi e le espressioni sgomente. Ad un certo punto Chiometta e Rullo sobbalzarono indietro e Gualdella si tappò le orecchie con i lembi del mantello nero. Tintor lasciò ricadere il coperchio della botola.
“Sai, penso dovresti fare un incantesimo di protezione prima di scendere e magari preparare una pozione di emergenza” consigliò Rullo a Gualdella. Chiometta annuì vigorosamente.
“A volte vorrei scendere a redarguirli” confessò Tintor. “Magari il mio aspetto servirebbe da monito. Loro sono così piccoli”.
“Già” commentò Gualdella pensierosa. “Così piccoli eppur così dannosi”. Fece un profondo sospiro.
“Andrò in biblioteca a leggere” decise con grande gioia di Chiometta che prese a roteare nell’aria e a girare intorno alla testa di Tintor.
“Ehi! Basta o mi farai morir dal ridere!” sbottò il Crodag appunto ridendo.
“Grazie Tintor e scusa per il disturbo!” esclamò Gualdella.
I grandi occhi  gialli ed ovali di Tintor brillarono un istante prima che il muso della creatura si curvasse verso il petto. Enormi rami dalle foglie verdi tornarono a stagliarsi nel cielo; un tronco gigante era piantato solidamente nel terreno.
Rullo, Gualdella e Chiometta tornarono sui loro passi. Una volta appoggiati i piedi sull’erba del sentiero la quercia scomparve ai loro occhi. Giunti alla postazione di Rullo dove vi era  lo sgabello di nuvola, il mago troll vi si sedette poi dondolò la bacchetta ed una grotta sostituì il cielo racchiudendo al suo interno lui e le sue due amiche. Molte fiammelle disseminate lungo le pareti permettevano la visione all’esterno come se fossero state tanti piccoli occhietti nei muri attraverso i quali si poteva osservare indisturbati il mondo magico. Rullo, sullo sgabello, stava al centro della grotta.
“Bene, cara Gualdella, ti auguro  una buona lettura” disse il mago troll. “Vuoi una mano per il trasferimento?”.
“Oh, no, grazie, non voglio scomodarti  ancora! Grazie mille per tutto”. Rullo le fece l’occhiolino. Gualdella tirò fuori la propria bacchetta e disegnò nell’aria un semicerchio. Allungò il braccio e parve girare con la mano una chiave nella toppa; si sentì infatti un clic e subito dopo il cigolio di una porta che si apriva.

Chiometta seguì la strega mentre un tonfo testimoniava che la porta si era richiusa alle loro spalle. Rullo guardò per un istante il luogo in cui le due amiche erano sparite poi tirò fuori da alcuni ripiani invisibili sospesi sopra la testa dei fogli di pergamena e cominciò a vergarli con una lunga penna bianca.

martedì 28 gennaio 2014

Leggiamo

William Stoner nasce in una famiglia di contadini. Figlio unico, è un ragazzino taciturno e remissivo, aiuta i genitori, invecchiati precocemente per la durezza del lavoro, nella conduzione della modesta fattoria finché, cresciuto, viene mandato all’università. Iscritto ad agraria, avrà il compito infatti di prendere in consegna la seppur scarsa eredità familiare e di proseguire, arricchito degli insegnamenti ricevuti, il lavoro dei propri genitori.
Solo che Stoner, nel suo periodo universitario, prende coscienza di amare gli studi molto più di quanto sarebbe disposto ad ammettere non trattandosi degli studi per i quali tanti sacrifici economici sono stati fatti; grazie ad un docente rude e scostante infatti William per la prima volta comprende di poter trovare la propria identità solo nell'apprendimento della letteratura inglese.
Abbandonato il corso di agraria Stoner coltiva la propria vocazione, si laurea e viene invitato a diventare a sua volta docente. Non tornerà più alla fattoria dove i suoi genitori continueranno a lavorare duramente fino alla fine dei propri giorni.
L’insegnamento, un matrimonio infelice, la paternità scandiscono la sua vita; una vita che non aveva previsto e che dunque da lui viene accettata così com’è, senza pretese, della quale coltiva innanzitutto gli aspetti positivi: il proprio lavoro, l’amore per la figlia.
Come in molte vite anche in quella di William i momenti bui si alternano ad altri luminosi, di intensa felicità ed egli li accoglie tutti con un’inalterabile serena accettazione, con lucida intelligenza.
Ci si affeziona a William e si vorrebbe combattere le sue battaglie per alleviarlo di qualche sofferenza ma in verità lui non necessita aiuto, il suo non agire a volte è più efficace di qualunque animosa offensiva.
Prosa elevata, acuta introspezione.
Stoner, di John Williams, è edito da Fazi.
Da leggere.






giovedì 16 gennaio 2014

Mal comune, libro... mezzo gaudio

La gente parla. Ok, ci mancherebbe, meno male. Beh, insomma, alcuni potrebbero anche tacere (asino chi ha detto: “Per esempio, tu”!).
Comunque. La gente parla. Da sola. E’ un fenomeno che noto sempre più spesso. Ultimamente ho ascoltato persone in preda alla smania della chiacchiera per strada, in piazza, di fronte ad un uditorio casuale ed un po’ allibito. Non è un fatto nuovo. Non è stravaganza, è malattia, solitudine o rabbia.
Ho udito fantasiosi monologhi davanti a locandine di programmi teatrali (e non aveva a che fare con gli spettacoli), rancorosi attacchi verbali all’inettitudine del governo, offese gratuite a curiosi passanti.
Dopodiché vi sono persone che non parlano esattamente da sole ma al cellullare, però è come se lo fossero da sole poiché il tono della voce arriva a coprire suoni e rumori. E così vengo a sapere di quanto sia sgradito quell’amministratore incompetente, o l’altro interlocutore che si prende un bel vaffa non appena il telefono viene chiuso, di come sia difficile trovare una baby sitter o metter d’accordo marito e suocera.
Temiamo che qualcuno intercetti una delle nostre numerose password, ormai ne abbiamo anche per le lampo delle cerniere; ci chiudiamo in casa sperando di godere di pochi istanti di calma senza nessuno intorno, mettiamo computer, segreterie, scuse stantie tra noi e gli altri eppure lasciamo che gli estranei entrino nella nostra intimità familiare anche senza tenere discorsi in piazza.
Che forse orbitiamo nella voglia di farci ascoltare o siamo talmente impoveriti di tempo che dobbiamo sfruttare ogni secondo libero? Temo un po’ entrambe le cose ed anche di più. Vedi alla voce: non so come arrivare alla fine del mese, il pensiero delle bollette mi sta uccidendo e nessuno mi aiuta.
No, niente filosofia o crazytudine, sono rimasta colpita dalle esibizioni pubbliche di persone problematiche ed altre solo in insufficienza di tempo e… il caso ha voluto che leggessi Momo, di Michael Ende, proprio in questi giorni. Va bene, un tantino in ritardo sui tempi ma avevo visto il film al cinema, da bambina con i miei compagni di scuola elementare e mi era rimasto nel cuore quel ricordo. Ragazzi se era avanti, dico Ende...
Leggetelo, dico il libro... oppure rileggetelo, poi consigliatelo e fate evaporare i Signori Grigi così recupererete il tempo che vi sembrava di aver impiegato così proficuamente…


martedì 7 gennaio 2014

Percezioni

Una folata di aria gelida sferzò il viso dell’Intrusa.

L’uomo che sgarbatamente l’aveva riscossa dai suoi pensieri continuò con lo stesso tono.
“Donna sei in grado di darmi qualcosa di commestibile?” continuò a fissarla lui sprezzante sputando davanti a sé.
La signora con gesti lenti mise la brocca con l’unguento sotto il bancone, pulì il ripiano con uno straccio bagnato e si legò dietro la schiena un grembiule verde.
“Ma ci senti o sei un’idiota?”. Il villano, spazientendosi, cominciò ad avvicinarsi alla padrona della Fucina.
“Allora vuoi parlare brutta… ”. La bocca dell’uomo rimase aperta mostrando i rari denti marci e anneriti, i capelli unti gli si erano appiccicati alle tempie e un rivolo di saliva gli stava scivolando lungo il mento. Sembrava la personificazione di qualche spiritello maligno.
Mava si avviò verso lui con un sorriso radioso e catturando il suo sguardo disse:
“Sono felice di averti qui. Per oggi ho preparato la zuppa di patate e lorwin, un tubero che coltiviamo a Tefuquà, credimi è molto apprezzata al villaggio, te la consiglio di tutto cuore”.
La gentilezza rassicurante delle parole, il tono musicale della voce accompagnati dallo sguardo di quegli occhi pacifici ma così neri e penetranti ebbero sull’uomo l’effetto paralizzante di un morso di serpente; un rossore istantaneo gli inondò il volto e dalla sua gola fuoriuscirono dei gorgoglii non bene definibili.
“Ottima scelta. Ti preparo subito un tavolo” .

L’Intrusa rise rilassata; il buonumore la fece sentire bene e tenendo gli occhi chiusi alzò il mento lasciando che il suo naso catturasse tutti gli odori intorno a sé… il delizioso profumo di zuppa, l’aroma più acuto di erbe e spezie, la fragranza di fiori freschi, persino lo sgradevole puzzo del sudore. La sua mente, lontana nella Fucina di Tefuquà, assorbiva un mondo di parole, gesti e sensazioni ed il suo corpo reagiva come fosse là anch’esso ma di questo lei non era cosciente.

Mava portò un piatto colmo di zuppa al tavolo del rozzo sconosciuto che senza alzare la testa
biascicò un: “Gra..zie..” a bocca semichiusa.
“Ti auguro di gustare con lo spirito e con il corpo il tuo pasto”

Lo straniero strabuzzò gli occhi e guardò la signora come se gli stesse dicendo che da quel momento avrebbe ragliato come un asino.