martedì 28 gennaio 2014

Leggiamo

William Stoner nasce in una famiglia di contadini. Figlio unico, è un ragazzino taciturno e remissivo, aiuta i genitori, invecchiati precocemente per la durezza del lavoro, nella conduzione della modesta fattoria finché, cresciuto, viene mandato all’università. Iscritto ad agraria, avrà il compito infatti di prendere in consegna la seppur scarsa eredità familiare e di proseguire, arricchito degli insegnamenti ricevuti, il lavoro dei propri genitori.
Solo che Stoner, nel suo periodo universitario, prende coscienza di amare gli studi molto più di quanto sarebbe disposto ad ammettere non trattandosi degli studi per i quali tanti sacrifici economici sono stati fatti; grazie ad un docente rude e scostante infatti William per la prima volta comprende di poter trovare la propria identità solo nell'apprendimento della letteratura inglese.
Abbandonato il corso di agraria Stoner coltiva la propria vocazione, si laurea e viene invitato a diventare a sua volta docente. Non tornerà più alla fattoria dove i suoi genitori continueranno a lavorare duramente fino alla fine dei propri giorni.
L’insegnamento, un matrimonio infelice, la paternità scandiscono la sua vita; una vita che non aveva previsto e che dunque da lui viene accettata così com’è, senza pretese, della quale coltiva innanzitutto gli aspetti positivi: il proprio lavoro, l’amore per la figlia.
Come in molte vite anche in quella di William i momenti bui si alternano ad altri luminosi, di intensa felicità ed egli li accoglie tutti con un’inalterabile serena accettazione, con lucida intelligenza.
Ci si affeziona a William e si vorrebbe combattere le sue battaglie per alleviarlo di qualche sofferenza ma in verità lui non necessita aiuto, il suo non agire a volte è più efficace di qualunque animosa offensiva.
Prosa elevata, acuta introspezione.
Stoner, di John Williams, è edito da Fazi.
Da leggere.






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