giovedì 3 maggio 2012

Metti un po' di disattenzione e...

Rosa era mortificata, non sapeva più che parole usare per scusarsi ed abbiamo dovuto impedirle di continuare poiché era sfociata in un monologo fanta-fashion con scivolate nel trash ("Mi prostro ai tuoi maschili piedi per testimoniare la mia immensa pena"; "Manigoldo il destino a farmi bersaglio di così alta colpa"; "L'eco della mia empietà martella i miei due emisferi cervelloidi", no non stava scherzando, aveva persino gli occhi lucidi).
Ah si! Il motivo: ha preso in prestito la macchina di Mario, il fidanzato di Rina e ha centrato quella del proprio padre mentre usciva dal cortile dopo pranzo, facendo la retro.
Quando è successo era al telefono con Ginoria e la stava ragguagliando su tutte le problematiche correnti: il lavoro trovato da poco - grazie ad un capo musical simpatizzante - denso di straordinari eppure sempre ondeggiante nel clima tempestoso della crisi, un mezzo uomo, non nel senso di hobbit ma di incognita, conosciuto proprio sul posto di lavoro, pessimo affare, dai comportamenti ambigui (ammiccamenti, tallonamenti in ascensore, sms di buongiorno e buonanotte e poi nemmeno uno straccio di invito per un caffé alla macchinetta) che la stanno facendo rantolare negli interrogativi, infine le difficoltà economiche del mantenere una casa con uno stipendio gnomico.
Insomma, presa dal vortice delle magagne, con una sola, magistrale manovra, ha bocciato due macchine, nessuna delle due, sua. Essendo una donna pratica ha schematizzato la situazione: 1) l'auto del padre non era da considerarsi (lui non ha avuto lo stesso pensiero recriminando sul danno con un tovagliolo legato al collo, dopotutto stava ancora pranzando quando il fattaccio è accaduto, invece sua moglie, la signora Mirka, si è subito coalizzata con la figlia dichiarandosi convinta che tanto l'avrebbe bocciata lui di lì ad un paio di giorni massimo al ritorno dall'osteria, la chiama ancora così, dopo aver perso l'ennesima partita di briscola);
2) il danno doveva essere valutato immediatamente così si è recata alla carrozzeria più vicina per farsi fare un preventivo, dopo il quale è andata a lavorare con l'umore denso di cianuro.
Alla sera ha guidato la povera auto fino alla casa di Rina dove Mario l'attendeva e lì davanti a lui si è sgretolata, sempre Rosa non la macchina, in miliardi di scuse del tenore di cui sopra.
Mario, dapprima dispiaciuto per l'accaduto, ha commutato la tristezza in esuberanza quasi vinaiola, direi, per sfuggire al drammatico mea culpa di Rosa.
Il povero ragazzo ha persino ammesso di aver pensato lui stesso a procurare qualche bollo alla propria auto per darle un'aria un po' più Contea di Hazzard ed è praticamente corso via gracchiando il motivo del clacson del Generale Lee.
Rina, dal canto suo, ha cercato di convincere l'amica a dividere la spesa con Ginoria, rea di essere stata al telefono con lei durante il perfido evento. Almeno questo non l'ha fatto, per fortuna.
Che dire, quel che è bene finisce con uno stipendio e mezzo al carrozziere e l'unico elemento positivo della giornata è stata la domanda pertinente, per una volta, della signora Mirka: "Ma come faceva lo zio Iessi a mantenere il Boh e lo Luche?" (Jesse, Bo e Luke, per i non avvezzi alle involontarie manipolazioni linguistiche old generazionali con influssi dialettali locali).

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