giovedì 14 novembre 2013

Percezioni

La dolce signora ritornò per un attimo alla brocca che aveva di fronte, l’unguento era quasi ultimato e ciò la riportò al motivo per cui l’aveva realizzato, Ruin il marito di Falia.
Ruin lavorava alla Mano Celeste una pianura a circa un’ora di cammino dal villaggio, si trattava di una larga distesa divisa a nord est in cinque vie sassose che si prolungavano verso le pendici delle montagne e scomparivano all’ingresso di ampie grotte. Quello squarcio di valle mozzava il respiro.
Vivida nella mente di Mava, la vista della Mano Celeste causò un capogiro all’Intrusa, non preparata a trovare spalancata di fronte a sé la porta di un sogno. 
Dall’alto del pendio, si stagliava alla vista un enorme mano il cui palmo erboso era solcato dalle sottili linee marroncine dei sentieri mentre le cinque vie, come callose dita lo univano al mondo ignoto nelle viscere delle montagne; la similitudine con la mano umana era così evidente che nessuno poteva immaginare qualcosa di più vicino ad una fusione completa tra uomo e natura. Ma la cosa più straordinaria era ammirare la valle attraverso il velo di una perenne bruma azzurrognola che baciava l’erba, i sassi, i ripidi pendii e si arricchiva di un azzurro brillante con i raggi del sole o si attenuava in un fragile celeste nei giorni di pioggia.
Per chi non vi era mai stato, la prima volta alla Mano Celeste costituiva un viaggio nell’irreale, il miraggio di un viaggiatore esausto.
Qui lavorava la maggior parte degli abitanti del paese; dalle grotte veniva estratta infatti la particolare pietra azzurra. Essa era lavata nell’acqua del fiume Malstoir che nascosto da alte sponde verdi costeggiava la Mano e scendeva in cascatelle verso valle; dopo essere stata asciugata la pietra era intagliata con minuziosa precisione dalla gente del villaggio, prime fra tutte le donne, per ottenere stoviglie, vetri, oggetti da vendere ai forestieri come ampolle o vasetti sagomati a forma di animali e piante. 
Ruin era da molti anni un lavoratore esperto della pietra azzurra, ma la faticosa attività che lo costringeva a stare piegato ed in ginocchio per molte ore al giorno lo avevano indebolito, tanto più a causa di una fragilità delle articolazioni che tendevano a infiammarsi.
Ruin e Falia si erano sposati appena due anni prima; avevano lavorato per diversi anni alla Mano Celeste insieme finchè una mattina Ruin si era presentato a casa di Falia all’alba per dirle che aveva deciso di sposarla e che lei smettesse di lavorare per lasciare a lui solo il compito di sfamare la famiglia. Falia che gli aveva sempre voluto un gran bene non solo non lo aveva contraddetto ma si era subito recata a casa sua con vestiti e tegami.
“ C’è qualcosa da mangiare?!”
Mava spalancò gli occhi; di fronte a quello sguardo, per un attimo, il salone si oscurò.


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