Meravigliosamente
gente.
Lo scorso sabato
ho guardato il film di Gabriele Salvatores, realizzato unendo i filmati che le
persone, la gente comune ha inviato quasi un anno fa, il 26 ottobre.
Non sono riuscita
a muovermi per tutta la durata della messa in onda, gioendo dell’assenza di
interruzioni pubblicitarie. Stravaccata in diagonale sul letto per quasi due
ore ho condiviso le vite di altre persone.
Speciale era il
pensiero di non guardare un film in cui i personaggi erano interpretati da
attori né, per la stessa ragione, di assistere ad uno spettacolo teatrale.
Speciale era il pensiero che in quel momento io stessi entrando nelle case di
persone sconosciute, nelle loro confidenze, nei loro affetti, nei loro guai.
Spesso scrivo dei
piccoli grandi problemi delle nostre vite frenetiche, del come far tutto ciò
che la vita impone, impegni, lavoro quando c’è,
ricerca del lavoro quando non c’è. E quando scrivo, solitamente, è ai miei
problemi a cui penso ben sapendo che sono gli stessi per tutti, almeno per la
maggioranza delle persone. Quando parlo di affetti, il pensiero è rivolto ai
miei familiari e agli amici. Certo, perché la mia è una vita comune, come
quella di tutti.
Finché non entri
in casa delle persone e la constatazione passa dalla sfera dell’astratto a
quella del concreto.
La gente vive,
come me. Si alza al mattino, svegliata da un bacio, una carezza, un figlio o da
nulla, eccetto che dal nuovo giorno. Va a scuola, al lavoro, a correre, a
cercare lavoro, ad aspettare la svolta della vita.
Le persone hanno
paura, di se stesse, della solitudine, del dolore.
Amano. Il genitore
anziano che non ricorda più il loro nome, il fidanzato, la fidanzata, i figli,
la nuova sorellina.
E la paura,
l’affetto, l’amore diventano all’improvviso: nostri.
Ti ricordi che
sono sentimenti e come tali appartengono ad altre persone, non solo a te. Tutto
è unico ma universale, personale ma condivisibile.
Per un momento l’ho
ricordato e mi ha fatto bene.
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