William Stoner
nasce in una famiglia di contadini. Figlio unico, è un ragazzino taciturno e
remissivo, aiuta i genitori, invecchiati precocemente per la durezza del
lavoro, nella conduzione della modesta fattoria finché, cresciuto, viene
mandato all’università. Iscritto ad agraria, avrà il compito infatti di prendere
in consegna la seppur scarsa eredità familiare e di proseguire, arricchito
degli insegnamenti ricevuti, il lavoro dei propri genitori.
Solo che Stoner, nel
suo periodo universitario, prende coscienza di amare gli studi molto più di
quanto sarebbe disposto ad ammettere non trattandosi degli studi per i quali tanti sacrifici economici sono stati fatti; grazie ad un docente rude
e scostante infatti William per la prima volta comprende di poter trovare la
propria identità solo nell'apprendimento della letteratura inglese.
Abbandonato il
corso di agraria Stoner coltiva la propria vocazione, si laurea e viene
invitato a diventare a sua volta docente. Non tornerà più alla fattoria dove i
suoi genitori continueranno a lavorare duramente fino alla fine dei propri
giorni.
L’insegnamento, un
matrimonio infelice, la paternità scandiscono la sua vita; una vita che
non aveva previsto e che dunque da lui viene accettata così com’è, senza pretese,
della quale coltiva innanzitutto gli aspetti positivi: il proprio lavoro, l’amore
per la figlia.
Come in molte vite
anche in quella di William i momenti bui si alternano ad altri luminosi, di
intensa felicità ed egli li accoglie tutti con un’inalterabile serena
accettazione, con lucida intelligenza.
Ci si affeziona a
William e si vorrebbe combattere le sue battaglie per alleviarlo di qualche
sofferenza ma in verità lui non necessita aiuto, il suo non agire a volte è più
efficace di qualunque animosa offensiva.
Prosa elevata, acuta
introspezione.
Stoner, di John
Williams, è edito da Fazi.
Da leggere.
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