Mava prese il cucchiaino nero e per un secondo lo tenne a
mezz’aria guardandosi intorno poiché credette di sentire qualcuno parlarle ma
la delicatezza dell’operazione che stava compiendo la riportò al proprio lavoro
rimandando a più tardi la riflessione sull’accaduto, intinse il cucchiaino nel
wakra nero di fronte a sé, nel liquido nero che in esso era contenuto; due giri
verso destra, tre giri verso sinistra, una linea diagonale ed una verticale
estraendo il cucchiaino dal recipiente… tre gocce ricaddero in esso. Perfetto!
La mano bruna della donna ora afferrò un coperchio simile
a quello di una zuccheriera e lo posò sul contenitore. Le lunghe dita nodose di
Mava indugiarono sul coperchio, i polpastrelli premuti sulla sua superficie
liscia; lentamente il calore del liquido oltrepassò la barriera: l’operazione
era conclusa. Una ragnatela di rughe sottilissime si allargò sul viso non
comune della donna all’appressarsi di un sorriso, un ammiccamento soddisfatto
per la riuscita del suo lavoro; era la massima espressione di felicità di Mava,
lei non rideva mai apertamente, né scoppiava in risa sguaiate, lei
semplicemente sorrideva. Gli occhi neri, profondi come antri cavernosi di
luoghi inesplorati nascondevano mistero,
comunicavano saggezza, sprigionavano vigore. Riscaldano quando tremi, rinfrescano quando deliri,
così soleva dire sua madre chissà quanti anni prima; ecco un’altra donna
solida, vigorosa come il suo takquò, il
takquò che offriva alla gente.
Mava, tenendo i manici del wakra, due contorti segmenti
bianchi orizzontali, si mosse verso una tenda blu scuro, con una spalla spostò a
lato il tessuto ruvido passando nella stanza attigua.
Da tre grandi finestre rettangolari la luce penetrava
nella camera, le pareti giallo ocra lambite dai raggi del sole apparivano
dorate, massicci tavoli di legno erano sparpagliati in tutto lo spazio
disponibile, quelli accanto alle finestre avevano le estremità arrotondate; su
ognuno di essi erano posati al centro dei vasetti di terracotta contenenti
delle piantine dai rametti verdi e piccole foglie a cuoricino, nei punti di
attaccatura delle foglie ai rametti spuntavano fiorellini gialli, minuscole
stelle che sembravano bere la luce del giorno restituendola purificata.
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