Mava appoggiò le radici filamentose su un panno di cotone
e con un lembo dello stesso cominciò a tamponarle delicatamente per asciugarle
dopodiché cominciò a spezzettarle con le dita e le mise in un’ampia brocca.
Mentre lavorava la dolce signora, sempre molto concentrata nella preparazione
degli unguenti medicamentosi, lasciò questa volta che i suoi pensieri fossero
altri per un po'. Sentiva che la propria realtà doveva essere conosciuta altrove,
qualcuno stava apprendendo della loro esistenza passata, presente o futura; la
pacata signora non poteva sapere in quale tempo si trovasse l’intrusa né in
quale luogo ma non era necessario che lo sapesse, il suo cuore le suggeriva di
comunicare. La propria mente sarebbe stata uno specchio nel quale guardare ed
essa prese a vagare lungo la strada di terra battuta che attraversava il
villaggio, tra le graziose case di legno separate le une dalle altre da bassi
muretti di pietra e disposte sui due lati della via principale nella forma di
due mezze lune.
L’occhio della mente vide alcune donne curve sui primi
germogli del proprio orto, altre radunate intorno al pozzo costruito dai
fondatori del villaggio a nord dello stesso, verso le sorgenti da cui era
alimentato. I padri fondatori avevano reso sacro quel luogo per la presenza di
un elemento fondamentale alla loro vita come l’acqua. Essi consideravano il
pozzo mezzo di congiunzione tra gli uomini ed il grembo materno della terra di
cui l’acqua era la linfa vitale. Essa indicava lo stato di salute della terra
ed attraverso il pozzo il mondo sotterraneo parlava con loro.
Dalla Fucina, Mava ammiccò agli scherzi delle giovani
ragazze che attendevano di attingere l’acqua, i secchi appoggiati accanto alle
caviglie lambite da gonne variopinte; osservò gli uomini costruire una nuova
stalla per i cavalli da vendere alla fiera dell’anno, percepì la fatica di
coloro che estraevano le pietre colorate dalla cava di Melkl, nome dell’uomo
che l’aveva per primo scoperta. Vide un piccolo gruppo di donne e uomini
anziani intenti alla lavorazione e levigazione di quelle pietre per ottenere
gli utensili di uso quotidiano, si soffermò sulle loro mani piccole e agili,
sulle dita robuste abituate al lavoro manuale, sui visi bruciati dal sole,
pacifici e sempre pronti al sorriso, sentì le voci dei bambini nel cortile
della scuola addossata ad un lieve pendio ad ovest del villaggio; lesse il nome
del villaggio stesso inciso sul tronco di una quercia abbattuta da un furibondo
temporale ormai tante estati prima ed ora disteso sul ciglio della strada come
un vegliardo che ammoniva i nuovi arrivati: “Attenzione, ora siete a Tefuquà
” sembrava dire.
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