Gualdella e
Chiometta stavano scendendo verso la terra. Andavano ad una discreta velocità,
ad entrambe infatti piaceva esibirsi in evoluzioni fantasiose, specie quando
Chiometta si lanciava di sotto in verticale con Gualdella che le ruotava
intorno tenendo il manico con una mano.
Sembravano
entrambe spericolate ma in realtà non facevano nulla che non fosse sotto un
controllo strettamente magico. Le due arrivarono alla frontiera celeste cariche
di energia.
“Buongiorno
Rullo!” esclamò Gualdella quando vide il mago troll che controllava il
passaggio degli esseri incantati tra la terra ed il Mondo Magico, meglio
conosciuto come Dogic.
“Ehilà Gualdella!
Bentornata! Ho saputo delle tue peregrinazioni, complimenti per il coraggio!”.
Chiometta si fermò ad un millimetro dal prominente naso del troll. “Certo anche
tu cara sei stata in gamba, anzi ho saputo che hai salvato la nostra Gualdella
in più di un’occasione”. La scopa, lusingata, arricciò la sua chioma ed
accarezzò il naso di Rullo con una delle sue ciocche. “Suvvia non esagerare!”.
L'esserino era imbarazzato ma molto compiaciuto. “Ecco qua!” esclamò il mago troll facendo
apparire un fascio di pergamene. “I Sinzi mi hanno mandato notizie fresche a
mano a mano che tu affrontavi qualche nuovo pericolo. Sono davvero degli
esserini ammodo e poi sai, nel mio lavoro è essenziale l’informazione!”. Abbassando
la voce aggiunse: “Questo è un luogo in cui passano molte creature dai poteri
forti e, a volte, dalle intenzioni ambigue”. Gualdella e Chiometta annuirono.
“Sai, mi
piacerebbe poterle leggere” disse la strega indicando le pergamene.
“Puoi trovare
tutto descritto nel libro, Prodezze Fatate, in biblioteca” spiegò il mago troll.
Gualdella tentennò.
“Sai, avremmo
voluto scendere sulla terra a veder come si comportano gli umani nel giorno di
Samhain”. Rullo saltò giù dallo sgabello di nuvola su cui era seduto. Era alto
quanto la streghetta, la sua pelle faceva ricordare la corteccia di un albero,
le orecchie erano appuntite ed i capelli filamentosi gli scendevano sulle spalle. Camminò lungo un sentiero erboso che sovrastava le nuvole seguito da
Gualdella e Chiometta. Arrivarono in un punto in cui un cerchio di terra
battuta sostituiva l’erba e circondava una botola di legno altrettanto rotonda,
con una catena di metallo ancorata alla serratura. Una quercia dai rami
poderosi comparve nel momento in cui i tre nuovi arrivati misero piede (in
senso metaforico per quanto riguarda Chiometta) sul terreno accanto alla botola.
Rullo tirò fuori una bacchetta dal taschino del gilè marrone che indossava
sopra una camicia color argilla.
“Gentile passa!”
esclamò. La chioma della quercia cominciò ad oscillare, il tronco enorme tremò.
Le radici si sollevarono trasformandosi in due zampe unghiate, il tronco
diventò un corpo ricoperto di squame e la chioma prese la forma di una testa di
animale. Aveva, a prima vista, l’aspetto di un drago, con gli aculei infilati
l’uno dopo l’altro lungo la schiena fino alla coda a punta; ma il muso
ricordava quello allungato di un cavallo e così la criniera dorata che scendeva
morbidamente ai lati del collo.
“Ehi! Tintor!
Buongiorno!” lo salutò Gualdella. Il Crodag, alla cui specie la creatura
apparteneva, fece ondeggiare il grande corpo.
“Buongiorno a te
Gualdella!” rispose con voce crepitante.
“Vorremmo dare
un’occhiata di sotto!”. Tintor annuì. Aprì l’enorme bocca, i cui denti
acuminati rifletterono la luce del giorno, ed emise un getto di fuoco arancio
sopra la botola di legno; la catena si sollevò lentamente tra le fiamme mentre
la criniera dorata del Crodag si allungava ad afferrarla. Il coperchio della
botola cominciò a sollevarsi mostrando un varco. Gualdella, Chiometta e Rullo
si sporsero a guardare. Restarono un attimo con gli occhi fissi e le
espressioni sgomente. Ad un certo punto Chiometta e Rullo sobbalzarono indietro
e Gualdella si tappò le orecchie con i lembi del mantello nero. Tintor lasciò
ricadere il coperchio della botola.
“Sai, penso
dovresti fare un incantesimo di protezione prima di scendere e magari preparare
una pozione di emergenza” consigliò Rullo a Gualdella. Chiometta annuì
vigorosamente.
“A volte vorrei
scendere a redarguirli” confessò Tintor. “Magari il mio aspetto servirebbe da
monito. Loro sono così piccoli”.
“Già” commentò
Gualdella pensierosa. “Così piccoli eppur così dannosi”. Fece un profondo
sospiro.
“Andrò in
biblioteca a leggere” decise con grande gioia di Chiometta che prese a roteare
nell’aria e a girare intorno alla testa di Tintor.
“Ehi! Basta o mi
farai morir dal ridere!” sbottò il Crodag appunto ridendo.
“Grazie Tintor e
scusa per il disturbo!” esclamò Gualdella.
I grandi occhi
gialli ed ovali di Tintor brillarono un istante prima che il muso della
creatura si curvasse verso il petto. Enormi rami dalle foglie verdi tornarono a
stagliarsi nel cielo; un tronco gigante era piantato solidamente nel terreno.
Rullo, Gualdella e Chiometta tornarono
sui loro passi. Una volta appoggiati i piedi sull’erba del sentiero la quercia
scomparve ai loro occhi. Giunti alla postazione di Rullo dove vi era lo sgabello di nuvola, il mago troll vi si
sedette poi dondolò la bacchetta ed una
grotta sostituì il cielo racchiudendo al suo interno lui e le sue due amiche. Molte fiammelle
disseminate lungo le pareti permettevano la visione all’esterno come se fossero
state tanti piccoli occhietti nei muri attraverso i quali si poteva osservare
indisturbati il mondo magico. Rullo, sullo sgabello, stava al centro della
grotta.
“Bene, cara
Gualdella, ti auguro una buona lettura”
disse il mago troll. “Vuoi una mano per il trasferimento?”.
“Oh, no, grazie,
non voglio scomodarti ancora! Grazie
mille per tutto”. Rullo le fece l’occhiolino. Gualdella tirò fuori la propria
bacchetta e disegnò nell’aria un semicerchio. Allungò il braccio e parve girare
con la mano una chiave nella toppa; si sentì infatti un clic e subito dopo il
cigolio di una porta che si apriva.
Chiometta seguì la
strega mentre un tonfo testimoniava che la porta si era richiusa alle loro
spalle. Rullo guardò per un istante il luogo in cui le due amiche erano sparite
poi tirò fuori da alcuni ripiani invisibili sospesi sopra la testa dei fogli di
pergamena e cominciò a vergarli con una lunga penna bianca.