La dolce signora ritornò per un attimo alla brocca che
aveva di fronte, l’unguento era quasi ultimato e ciò la riportò al motivo per
cui l’aveva realizzato, Ruin il marito di Falia.
Ruin lavorava alla Mano Celeste una pianura a circa
un’ora di cammino dal villaggio, si trattava di una larga distesa divisa a nord
est in cinque vie sassose che si
prolungavano verso le pendici delle montagne e scomparivano all’ingresso di ampie grotte. Quello squarcio di valle mozzava il respiro.
Vivida nella mente di Mava, la vista della Mano Celeste
causò un capogiro all’Intrusa, non preparata a trovare spalancata di fronte a sé la porta di un sogno.
Dall’alto del pendio, si stagliava alla vista un enorme mano il cui palmo erboso era solcato dalle sottili linee
marroncine dei sentieri mentre le cinque vie, come
callose dita lo univano al mondo ignoto nelle viscere delle montagne; la
similitudine con la mano umana era così evidente che nessuno poteva immaginare
qualcosa di più vicino ad una fusione completa tra uomo e natura. Ma la cosa
più straordinaria era ammirare la valle attraverso il velo di una perenne bruma
azzurrognola che baciava l’erba, i sassi, i ripidi pendii e si arricchiva di un
azzurro brillante con i raggi del sole o si attenuava in un fragile celeste nei
giorni di pioggia.
Per chi non vi era mai stato, la prima volta alla Mano
Celeste costituiva un viaggio nell’irreale, il miraggio di un viaggiatore
esausto.
Qui lavorava la maggior parte degli abitanti del paese;
dalle grotte veniva estratta infatti la particolare pietra azzurra. Essa era
lavata nell’acqua del fiume Malstoir che nascosto da alte sponde verdi
costeggiava la Mano
e scendeva in cascatelle verso valle; dopo essere stata asciugata la pietra era
intagliata con minuziosa precisione dalla gente del villaggio, prime fra tutte
le donne, per ottenere stoviglie, vetri, oggetti da vendere ai forestieri come
ampolle o vasetti sagomati a forma di animali e piante.
Ruin era da molti anni un lavoratore esperto della pietra
azzurra, ma la faticosa attività che lo costringeva a stare piegato ed in
ginocchio per molte ore al giorno lo avevano indebolito, tanto più a causa di
una fragilità delle articolazioni che tendevano a infiammarsi.
Ruin e Falia si erano sposati appena due anni prima;
avevano lavorato per diversi anni alla Mano Celeste insieme finchè una mattina
Ruin si era presentato a casa di Falia all’alba per dirle che aveva deciso di
sposarla e che lei smettesse di lavorare per lasciare a lui solo il compito di
sfamare la famiglia. Falia che gli aveva sempre voluto un gran bene non solo
non lo aveva contraddetto ma si era subito recata a casa sua con vestiti e
tegami.
“ C’è qualcosa da mangiare?!”
Mava spalancò gli occhi; di fronte a quello sguardo, per un attimo, il
salone si oscurò.